Poco prima della loro definitiva cacciata dall’isola e da tutti i possedimenti spagnoli, gli ebrei avevano costituito numerose comunità nelle varie parti della Sicilia. Quella che occupava la contea di Modica era tra le più popolose e laboriose. Abitavano un intero quartiere, chiamato “Il Cartellone” forse per resistenza di un grande cartello “ove stavano notale le leggi ebraiche e che gli ebrei affissavano ai muri della vie”; in ogni caso esso delimitava lo spazio in cui potevano risiedere. Molti episodi di intolleranza avevano contrassegnato il secolo XV; in città come Palermo, Sciacca, Monte san Giuliano e Noto erano scoppiati dei veri e propri pogrom provocati dal fanatismo e dalla ottusità religiosa, rinfocolata dalle prediche dell’inquisizione, ma nessuno può essere paragonato a quello che si verificò a Modica il 15 agosto del 1474, festa dell’Assunta.
Bisogna premettere che già da tempo i Giudei avevano chiesto al re Giovanni di essere esentati dall’assistere alle funzioni cristiane, proprio perché in quelle occasioni la vergine Maria era molto sentito e praticato: in un periodo dominato dalla paura e dall’ansia del peccato, rivolgersi ad un’intermediaria celeste, la sola più vicina a Dio, la sola legata alla nascita e alla terra, aveva un indubbio effetto consolatorio; l’uomo si sentiva più portato a riversare i suoi affanni in quel seno così simile a quello materno, a riporre nella sua infinita bontà le proprie speranze. Ecco perché questo culto semimillenario aveva dato adito ad un fanatismo acceso e ad una passione incontenibile. Bastò una parola, una frase a mezza bocca contro la Madre di Dio, pronunciata da coloro che erano costretti ad assistere ad una funzione religiosa in cui non si riconoscevano, che un popolo intero, armato di tutto punto, passasse a fil di spada uomini e donne, grandi e bambini, al grido di “Viva Maria periscan gli Ebrei”, cominciando proprio dal sagrato della Chiesa di Santa Maria di Betlem dove si svolgeva la funzione, per poi dilagare in ogni parte del ghetto. Le cifre sono discordanti, ma è quasi certo che furono uccisi 360 ebrei. Contorno non necessario del massacro furono la tortura, il saccheggio, la distruzione di molte case di abitazione, l’incendio della Sinagoga c la devastazione dei campi e le vigne degli ebrei.
Di fronte alla notizia del massacro il viceré Lop Ximen Durrea lasciò a precipizio Palermo per correre a Modica. Si tenne un processo per direttissima che mise in evidenza gli aspetti più macroscopici dell’infame comportamento popolare senza risalire alle cause che l’avevano provocalo; c’era la necessità di soffocare lo scandalo, di individuare dei colpevoli: con molta leggerezza furono scelti i pochi che pagarono per tutti, con la morte e con il bando.
L’università modicana chiese al viceré pietà per gli assassini, pietà che essi non avevano avuto per le donne, i vecchi ed i bambini! E l'ottenne, perché alla fine fu sufficiente una condanna di settemila fiorini per rimettere tutti i delitti che i modicani avevano compiuto contro gli ebrei, tanto civili che criminali. Questo risarcimento era di una iniquità e di una sproporzione incredibile, se si pensa che la somma che i modicani avrebbero versata in espiazione della loro colpa, non sarebbe stata devoluta in opere di assistenza agli ebrei bisognosi di cure fisiche o in opere di ricostruzione della giudica semidistrutta, bensì al regio fisco che l’avrebbe a sua volta versata nelle casse del sovrano. Così, con un altro atto di ingiustizia, si chiudeva un’infame vicenda, paragonabile solo ad un film dell’orrore.