APPROFONDIMENTI
Sono almeno 300.000 i bambini e i ragazzi che stanno ora combattendo in una delle guerre che insanguinano il mondo. Centinaia di migliaia sono invece quelli che potrebbero essere arruolati - non sempre volontariamente - negli eserciti regolari o nelle file di qualche gruppo armato. La maggior parte di questi soldati bambini ha tra i 15 e 18 anni, ma numerosi sono quelli di età inferiore (10-14anni) e vi sono testimonianze di reclutamenti di bambini ancora più giovani.
L’aumento di questo fenomeno ha varie cause. Innanzi tutto l’adozione di armi leggere facilmente trasportabili e utilizzabili anche da bambini, dopo solo pochi giorni di addestramento. Inoltre i ragazzi si assoggettano più facilmente degli adulti alla disciplina militare, non pretendono paghe, difficilmente disertano, e sono facilmente sacrificabili: è documentato, ad esempio, che nella guerra Iran-Iraq, bambini venivano mandati all’attacco di postazioni di artiglieria, anche attraverso i campi minati. Non bisogna dimenticare che addestrare un “vero” soldato costa tempo e denaro, quindi soprattutto nel caso di conflitti molto lunghi, risulta più facile sacrificare un bambino: ce ne sono sempre tanti!
Il maggior numero di combattenti è in Africa dove ce ne sono almeno 120.000 distribuiti tra Uganda, Sierra Leone, Sudan, Congo, Repubblica Democratica del Congo, Angola, Burundi, Rwanda, Liberia ed Etiopia.
In Asia il fenomeno interessa soprattutto il Myanmar e lo Sri Lanka, in cui il gruppo di opposizione delle Tigri Tamil sistematicamente recluta ragazze tamil orfane; molte sono appositamente addestrate per azioni dinamitarde suicide in quanto possono meglio eludere i controlli delle forze di sicurezza del governo.
Alcuni di questi ragazzi sono stati regolarmente reclutati dagli eserciti nazionali, altri sono stati invogliati o adescati all’arruolamento dagli eserciti di opposizione al governo ufficiale, alcuni sono stati addirittura rapiti e costretti a diventare soldati. Anche quando i ragazzi si arruolano “volontariamente” è difficile valutare quanto essi non siano stati costretti dalla situazione contingente. Molto spesso finiscono negli eserciti regolari ragazzi che non hanno una famiglia alle spalle, quelli che hanno regolari problemi di sopravvivenza, i rifugiati o gli sfollati dei campi profughi, o ragazzi che sono vissuti nella violenza della guerra e vogliono vendicare i soprusi subiti o visti subire dai propri familiari.
La situazione delle ragazze reclutate è molto difficile. Oltre a combattere e a svolgere diversi servizi accessori (cucinare, approvvigionare gli accampamenti di acqua, legna, ecc.) sono costrette a diventare “concubine” dei guerriglieri.
I bambini e le bambine-soldato vengono trattati spesso con brutalità e le punizioni per eventuali errori sono molto severe. Il tentativo di fuga viene punito con la prigione se non con esecuzioni sommarie. Oltre al rischio ovvio di morire o di essere feriti in modo grave durante i combattimenti, la fase di crescita rende i bambini particolarmente vulnerabili alla durezza della vita militare. Essi soffrono molto spesso di malattie legate alla malnutrizione, alle infezioni, alle malattie sessuali e all’AIDS.
Non solo dal punto di vista fisico, ma anche psicologicamente questi minori saranno seriamente segnati nel resto della loro vita. L’essere stati testimoni, o l’avere essi stessi commesso atrocità, avrà serie conseguenze nella loro esistenza e nel tessuto sociale in cui sono inseriti. La maggior parte di quelli che sopravvivono hanno enormi difficoltà a tornare a vivere in famiglia, a riprender lo studio o il lavoro e solo dopo lunghe terapie riescono a ritrovare il loro equilibrio.
L’uso dei bambini-soldato ha ripercussioni anche negli altri minori. Se infatti i ragazzi possono usare le armi od essere utilizzati come spie, tutti i bambini verranno guardati con sospetto. Si rischia così che altri ragazzi vengano uccisi, imprigionati, interrogati solo per paura di un loro coinvolgimento con gruppi armati o con l’esercito.