Page 172 - Corti di carta
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stradine di quella parte della città che conosceva così poco. Era
stanco, aveva camminato così tanto che gli dolevano i piedi e non
riusciva a trovare l’indirizzo che aveva vergato su quel pezzo di
carta; forse aveva sbagliato a trascriverlo? Si sentì d’un colpo come
una corda floscia e tirata giù, col morale sotto la suola delle scarpe e
con la voglia impellente di tornare a casa. Si trascinò fino al Duomo
e prese il primo autobus.
Giunto a casa, non aveva voglia di niente: parlare con sua madre?
Aspettava prima di avere almeno rintracciato l’autore del misfatto, se
no avrebbe dovuto sciropparsi una serie di rimproveri e ansietà che
non se la sentiva proprio di assorbire, in quel momento.
Tutta la notte – quella notte che non avrebbe mai più scordato,
avesse campato cent’anni – fu un agitarsi continuo, girandosi da un
lato all’altro del letto, con le coperte che gli sembravano incande-
scenti e pesanti come il piombo, e con la testa che gli scoppiava di
mille pensieri e pulsioni contrastanti:
“I tatuaggi fanno male, sono roba di malati di mente, di tossici, di
paranoici… La pelle ne soffre, ci si ammala più facilmente di
tumori… Bisogna stare attenti a chi li fa – i tatuaggi – perché se non
si seguono norme igieniche ben precise si possono prendere malattie
che possono portare anche alla morte…”
Perché diavolo lo aveva fatto, quel tatuaggio? Perché aveva
ascoltato quello stupido che lo aveva portato là, verso la sua
perdizione? Adesso avrebbe voluto strapparsi la pelle, quella pelle
così rosea e liscia appena venata di azzurro, con una peluria sottile e
poco evidente come quella di un bambino e così mostruosamente
deturpata. Perché, perché, perché?
S’addormentò più per sfinimento che per altro alle prime luci
dell’alba. Quando sua madre, preoccupata perché non si fosse ancora
alzato nonostante fosse rientrato abbastanza presto la sera prima, aprì
di colpo la finestra piombando nella sua stanza, vide un ammasso
informe di coperte e lui raggomitolato da un lato con le braccia che
pendevano da una parte, pensò che era davvero strano questo figlio
che le dava mille ansie e preoccupazioni. Ma si rassicurò: almeno
non gli era successo nulla di grave…
Max si alzò una mezz’ora almeno dopo la venuta di sua madre.
Glielo avrebbe detto. Pazienza le sgridate, i rimbrotti, i ricatti, il
lavaggio del cervello, le minacce. Glielo doveva dire. Insieme
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