Page 169 - Corti di carta
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TATTOO





               Il bruciore lo sentiva ancora, ma era diventato un leggero pizzi-
            core   che   col   passare   del   tempo   si   attenuava   sempre   di   più,
            lasciandogli sulla pelle solo un ricordo appena fastidioso.
               Per il resto Max era molto orgoglioso del suo nuovo, primo
            tatuaggio   che   aveva   voluto   proprio   in   mezzo   al   petto   magro   e
            scavato, tra lo sterno e l’omero sinistro. La testa di un’aquila solitaria
            e maestosa, un profilo adunco e grifagno che allargava il suo petto
            poderoso e piumato sulla pelle pallida e venata di azzurro.
               Si diede una rapida pettinata ai capelli lisci e biondicci e al ciuffo
            che gli copriva quasi interamente l’occhio destro, lasciando invece
            scoperta la parte sinistra del suo volto, su cui dall’orecchio grande e
            carnoso pendeva un orecchino a cerchio, che ricomponeva, in una
            simmetria un poco forzata, l’armonia discontinua dei suoi lineamenti
            spigolosi.
               Un piercing, una piccola puntina metallica, messo lì sull’angolo
            sinistro   della   bocca   sottile   e   quasi   senza   labbra,   completava
            l’insieme.

               «Cosa fai, esci?» Il tono di sua madre era supplichevole: una
            stucchevole cantilena. Non sopportava le sue premure soffocanti e
            appiccicose, il suo stargli sempre dietro a chiedergli qualcosa, a
            sapere se aveva mangiato o no, se usciva e quando tornava.
               «Sì, ma’, torno presto. Ciao».
               Fuori c’era un’aria frizzante e l’atmosfera era carica di umidità.
            Forse pioveva.
               L’aspettavano Pietro, Salvo e Mario. Sarebbero andati al solito
            pub accanto al teatro Massimo: una bevuta, e poi la serata, la notte li
            avrebbe presi e trascinati chissà dove, catapultati in mezzo a tavolini,
            pedane luccicanti, luci intermittenti.
               Al chiarore dell’alba, zigzagando paurosamente tra stanchezza ed
            ebbrezza, girò la chiave di casa, senza preoccuparsi di fare rumore.
               Si sentiva sudato e appiccicaticcio; anche se era tardi si doveva
            dare una sciacquata e lo fece rapidamente, chino di fronte al lavabo.
            Il vapore aveva appannato lo specchio, quasi cascava dal sonno, ma


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