Page 118 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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restrittiva…”
Aveva parlato, finalmente. Tacque, i suoi occhi chiari sbarrati e
fissi negli occhi del suo interlocutore, pronti a registrare l’effetto
delle sue parole.
“Condivido le sue preoccupazioni, caro padre, e sono tra quelli,
nel Convento, che vorrebbero estendere la carità a tutti quelli che
ne hanno bisogno, e non solo ad alcuni. Ma lei mi sta dicendo
qualcosa di più: mi parla di un obbligo, di una dipendenza morale.
A cosa si riferisce? Parli, dunque, più chiaramente: l’ascolto”
“C’è che questa persona, intendo colui che ha abusato della
povera Rosina, utilizzando il suo potere e la sua superiorità fisica,
è stato suo fratello Cosimo, reverendo padre, nel periodo in cui la
giovane era a servizio presso casa Moncada, e con la complicità
della sua signora madre, l’ha cacciata in malo modo, lasciandola
sola e senza alcun sostentamento. C’è che se non fosse stato per
la carità di un’altra serva, e del sottoscritto, che ne ha conosciuto
i primi vagiti, la ragazza oggi sarebbe forse in qualche angolo di
strada a mendicare, o, peggio, a guadagnare malamente quel poco
che le basta per vivere. Ecco perché mi permetto -a buona ragione-
di insistere su questa faccenda. E mi scuso se il racconto ha alterato
il mio tono di voce. Il mio rispetto per lei e per la sua persona, sono
indiscutibili”
Un lungo, interminabile minuto di silenzio cadde pesantemente
sulle ultime parole dell’Altoviti. Gli occhi di Giacomo, grandi,
chiari e liquidi, quanto quelli di Girolamo erano acuti e penetranti,
divennero lucidi e umidi.
In quel lungo istante la sua mente passò in rassegna mille,
piccolissimi episodi del passato. Particolari insignificanti, inezie
e superficialità che assumevano contorni e dimensioni diverse,
alla luce di quanto era stato detto, e su cui non aveva ragione di
dubitare.
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