Page 119 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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La sua famiglia…l’aveva tenuta sempre in disparte, coperta da
un paravento di discrezione e di quieto vivere. Erano pur sempre
suo fratello, e sua madre, verso cui –per definizione e per dato di
fatto- il suo sguardo indagatore non si era spinto mai al di là di una
superficiale ricognizione.
E adesso tutto questo veniva a franare, travolgendo nella sua
fragorosa caduta tutto il fragile sistema di ipocrisie e reticenze
che anche lui –e questo non se lo nascondeva- aveva contribuito
inconsapevolmente a mantenere.
Girolamo capì la tempesta di emozioni che le sue parole avevano
scatenato, e tese amorevolmente le mani verso quelle, inerti, del
suo interlocutore.
I due si abbracciarono, lungamente. Nessuna parola fu aggiunta
a quanto già detto, ma l’Altoviti, prima che il pesante portone gli si
chiudesse dietro le spalle, ebbe la certezza che la sua richiesta non
sarebbe rimasta inascoltata.
Quella fu per Giacomo una notte insonne: la prima tra molte
passate a rigirarsi chiedendosi il perché di una simile vergogna,
nella consapevolezza che lo stesso dolore inflitto ad un’innocente,
beffardamente si ritorceva contro di lui, che di colpe non ne aveva
nessuna.
Al suono della campana che precede l’alba fu il primo a scivolare
silenziosamente per la recita dell’ufficio notturno, che termina con
le lodi mattutine. Prima dell’Angelus, che ricorda l’ora del pranzo,
Giacomo Moncada aveva preso la sua decisione: avrebbe avuto un
colloquio chiarificatore con Cosimo.
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