Page 116 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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gioco, o chissà perché…
Aspettò quindi che i passi concitati si dileguassero a poco a
poco nell’intrico di stradine che s’inerpicavano per il piano delli
Triscini, istintivamente si fece il segno della croce, e solo quando
fu sicuro di essere rimasto solo, proseguì il suo cammino.
Due o tre considerazioni occuparono la sua mente abbastanza
nitidamente: la città continuava ad essere molto pericolosa,
l’ordine pubblico non era adeguatamente rispettato, i disordini
erano frequentissimi. Pensò che più che mai occorreva adoperarsi
con atti caritatevoli che potessero alleviare le sofferenze dei più
deboli.
La visita lo lasciò interdetto: il vecchietto, seppure in fin di vita,
gli appariva lucido e vigile, e aveva dovuto tirare fuori tutta la sua
umana comprensione e saggezza per rincuorarlo e non cedere, lui
stesso, allo sconforto che l’immediata vicinanza al dolore avrebbe
prodotto su chiunque.
Lungo la strada che lo portava ai Benedettini, solo il pensiero di
Rosina e della piccola Stella lo confortarono.
Lo stesso affetto che provava per Rosina, adesso lo sentiva
duplicato per la sua piccola: la sua grazia ritrosa gliela rendeva
molto cara, e avrebbe perorato la sua causa a qualsiasi costo;
avrebbe bussato a qualunque porta, pur di ottenere quello che solo
un atto di responsabilità avrebbe dovuto naturalmente concedere.
Frate Alceste gli aprì la porta e lo guidò verso padre Giacomo, che
in un momento di pausa passeggiava nel chiostro, accompagnato
da un novizio.
Dieci anni dopo l’eruzione non se ne vedevano quasi più i segni:
tutto era stato ripristinato secondo l’ordine precedente.
Solo il grande giardino, inghiottito dalla lava, mancava a
completare la grandiosità dell’edificio, e per questo Giacomo
spesso amava percorrere l’unico spazio verde rimasto: il chiostro,
appunto, dov’era possibile prendere una boccata d’aria buona e
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