Page 9 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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CAPITOLO I





              Le prime avvisaglie dell’eruzione si erano avvertite già l’otto di
           marzo: un terribile boato aveva preceduto il fiume di lava che era
           fuoruscito da un immenso squarcio della montagna, su, a Nicolosi.
              Nei giorni successivi non c’era stata tregua: la montagna aveva
           continuato a vomitare il magma incandescente che aveva tenuto
           compresso nelle sue viscere chissà per quanto tempo.
              “Bedda matri santissima! Sant’Agata benedetta!”
              Queste erano le parole che presumibilmente venivano alle lab-
           bra di tutti i catanesi devoti e non di fronte a quell’inarrestabile
           flagello. Non solo perché ci sentiamo tutti propensi alla peniten-
           za, fragili e indifesi quando siamo schiacciati da forze ineluttabili,
           ma perché effettivamente in quella lontana, terribile primavera del
           1669, quali rimedi potevano invocarsi altrimenti, quali accortezze
           umane potevano stornare il nostro capriccioso gigante dal compie-
           re il suo mestiere millenario?
              E così anche Rosina Astuto s’era fatta il segno della croce, e
           dopo essersi messa alla meno peggio lo scialle sulle spalle, era
           uscita così, dal vicoletto dov’era situata la sua povera dimora per
           andare alla piazza del Mercato a prendere notizie dalla gente che
           cominciava a radunarsi copiosa.
              Sperava d’incontrare Carmelo Battaglia tra quelle persone che
           vociavano sgomitando a destra e a manca, tra quello stridore di
           popolo scalmanato ed afflitto, che temeva di perdere quel poco che
           costituiva il suo bene.


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