Page 10 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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La sua persona alta, i capelli scuri e fluenti sul collo, il sorriso
           ironico e malandrino già da tempo l’avevano colpita al cuore e non
           c’era sera che non sospirasse davanti al quadro della Vergine che
           glielo facesse incontrare, che lo facesse parlare con lei, che…Le
           lacrime cominciarono a pungerle gli occhi, costringendola a pren-
           dere il fazzolettino che aveva messo dentro la manica, così, prima
           di uscire in fretta e furia.


              La gente radunata in piazza rumoreggiava gridando a gran voce
           soccorso e giustizia per la calamità che s’era abbattuta dopo anni
           di tregua, e il Senato prometteva di passare alla forca quelli che
           venivano sorpresi a rubare nelle case abbandonate. Già dei patiboli
           erano stati costruiti vicino al Castello, alla Porta d’Aci e alla piazza
           del Mercato stessa.
              Rosina s’era ritrovata con alcune donne del suo vicinato e si
           stringevano l’una con l’altra abbracciandosi e sostenendosi a vi-
           cenda. Non aveva scordato l’anziana zia malandata cui aveva man-
           dato la vicina dodicenne per farle compagnia.
              E dire che soltanto pochi giorni prima, uscendo dalla sua ca-
           supola proprio vicina al Castello, lo spettacolo che le si offriva
           davanti agli occhi era di una città incantevole.
              Le mura cinquecentesche circondavano Catania in tutto il suo
           perimetro occidentale. Il fiume Amenano stemperava le sue acque
           nel mare dividendosi in parecchi rivoli proprio accanto alla Porta
           dei Canali. La marina era uno dei luoghi più belli dell’isola, per-
           ché, appena fuori dalla Porta, si stendeva un cospicuo tratto di terre
           coltivate, con giardini, ville, case campestri che si susseguivano
           fino alla Piana conferendo al paesaggio un aspetto molto pittore-
           sco.
              A sinistra la spiaggia bassa, dove quietamente s‘infrangevano le
           onde, si prolungava in lontananza, fino a perdersi a vista d’occhio.
              Dopo pranzo e dopo cena i catanesi amavano andare a piedi o in
           carrozza a respirare a pieni polmoni quell’aria salubre e a prendere



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