Page 144 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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litare una valenza simbolica: rappresentare l’emblema del ridimensio-
           namento del potere vescovile ad opera dell’autorità imperiale, un bilan-
           ciamento reso tangibile dalla contrapposizione fisica dell’austera mole
           del Castello Ursino alla Cattedrale, fino a quel momento l’edificio più
           imponente della città. Realizzato a scopo difensivo, il castello divenne
           alla fine del ‘200 dimora degli Aragonesi; in esso Pietro d’Aragona vi
           convocò il primo Parlamento siciliano nel 1283. Tra i sec. XV e XVI di-
           venne residenza dei viceré spagnoli; alla fine del ‘500 visse un periodo di
           decadenza e fu utilizzato come carcere. La colata lavica del 1669 coprì i
           bastioni e le basi a scarpa delle torri alterandone la linea. Il terremoto del
           1693 danneggiò ulteriormente la struttura facendone crollare parecchie
           parti.


           7  La ricchezza dei monasteri veniva ostentatamente messa in mostra du-
           rante le festività sacre, che erano sempre l’occasione tramite la quale la
           religiosità secentesca si mostrava in tutta la sua pienezza. Ed ecco, allora
           che in questi casi le numerose reliquie, conservate gelosamente nei mo-
           nasteri, venivano esposte in ricche custodie alla devozione dei fedeli, che
           accorrevano in massa ad adorarle e ad ammirarle. Ci viene restituita così,
           l’immagine dei cenobi come luoghi in cui l’imposizione della clausura
           non aveva scalfito il ruolo importante delle monache nella gestione del
           sacro e nella promozione della religione cittadina (Agata Zuccaro, I mona-
           steri femminili di clausura a Catania nel ’600)


           8  La carica di acatapano procurava degli indubbi vantaggi a chi la eser-
           citava, perché, oltre alle punizioni pecuniarie o corporali che egli pote-
           va infliggere, gli spettava anche una buona percentuale dei beni e dei
           prodotti sulla cui genuinità doveva vigilare. Una delle prerogative degli
           acatapani di Catania riguardava infatti la loro autonomia nei confron-
           ti del Capitano in materia di ammende: l’acatapano ne stabiliva l’am-
           montare ed il Capitano doveva accettare le sue decisioni. Tale autonomia
           impositiva  rendeva  oltremodo  appetibile  l’ufficio,  ritenuto,  anche  per
           l’impressionante quantità di controlli su chiunque esercitasse un’attività
           commerciale, fonte non indifferente di guadagni illeciti. (B.Saitta, Catania
           medievale)




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