Page 140 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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formato  delle  paludi  cui  le rovine  del  terremoto  impedivano  di
           defluire; ciò provocava il diffondersi di molte epidemie e malattie
           perché molti corpi non erano stati portati alla luce. Quindi si ordinò
           che ognuno pensasse a dissotterrare i propri parenti per bruciarli, e
           ciò fece cessare il pericolo di contagio.
              Infaticabile e impegnato nel suo sgradevole, ma necessario e
           pietoso  compito  di  riesumazione,  Carmelo  andava  dicendo  che
           tutto quello che stava facendo adesso non era neanche lontanamente
           paragonabile alle esperienze che aveva vissuto durante il suo esilio
           forzato e la guerra.
              Aveva ritrovato il buon padre Girolamo, miracolosamente illeso
           che  provvedeva  alla  benedizione  delle  salme.  Nonostante  l’età
           avanzata il parroco proseguiva il suo ufficio e dava aiuto e ricovero
           per quanto gli era possibile.


              Ma l’indole dei catanesi, forgiata per secoli dalle mille calamità
           naturali che si erano susseguite in quel territorio così accidentato
           ed ostile, ebbe la meglio sulla natura avversa, e così, dopo avere
           sgombrato le macerie più cospicue, si mise subito mano all’opera
           di ricostruzione, che avrebbe reso la città più bella e prestigiosa di
           quanto non lo fosse prima.
              Si può dire quindi che il 1693 fu un anno di nascita, ancorché di
           rinascita  perché si diede alla città etnea un’uniformità urbanistica e
           architettonica che prima non aveva e che ne costituisce la peculiare
           cifra stilistica.
              Le strade larghe e dritte, dalla maglia ad angoli retti; i palazzi
           e le chiese uniformi per stile, decorazioni e materiali; l’impiego
           coerente della lava nera e della pietra calcarea chiara; l’impianto
           scenografico di luoghi come la piazza del Duomo…
              Tutto  ciò  fu  possibile  perché,  grazie  alla  lungimirante  e
           tempestiva  decisione  del  viceré  Giovan  Francesco  Paceco  duca
           di Uzeda, s’intervenne subito con un progetto complessivo. E
           l’incarico fu affidato a Giuseppe Lanza duca di Camastra.



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