Page 137 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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CAPITOLO XX



              La  terra  tremò  una  prima  volta  verso  le  tre  di  notte  del  9
           gennaio 1693; molti fabbricati della città vennero danneggiati. La
           gente rimase a pregare nelle chiese tutta la notte e alla livida luce
           dell’alba si vide che quasi tutte le case avevano i muri aperti ed
           erano sul punto di rovinare.
              Il  Senato  mandò  un  corriere  per  darne  notizia  al  viceré,  a
           Palermo,  ma  costui  non  ci  arrivò  mai,  essendo  forse  morto  per
           strada.
              Era venerdì.
              La domenica, alle sedici vi fu un’altra, orribile scossa che fece
           inclinare il campanile della cattedrale; alle venti e quarantacinque
           si  udì  un  orrendo  fragore  sotterraneo,  come  un  terribile  vento
           racchiuso che voleva venire fuori, e poi uno scoppio molto violento
           che fece cadere a terra coloro che erano in piedi.
              Catania era completamente distrutta.
              Sedicimila  persone  morirono  ed  i  superstiti  furono  travolti
           da  ondate  gigantesche  che  provenivano  dal  fondo  del  mare  e
           che  coprirono  tutte  le  macerie.  Seguirono  piogge  torrenziali
           accompagnate da forti tuoni che tolsero ogni speranza ai moribondi,
           soffocando  le  grida  dei  sepolti  vivi  e  spargendo  la  più  grande
           confusione fra i superstiti di questa sciagura che non aveva pari.
              Le mura a tramontana della città ebbero forti danni, la Porta
           del Re cominciò a rovinare. Il Borgo cadde per intero. Il castello
           Ursino subì molti danni. Crollò la torre di don Lorenzo. Si sgretolò



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