Page 58 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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E  aveva  congedato  il  giovane  che  s’era  diretto  al  suo  triste
           compito.


              Rigirando il pesante tagliacarte tra le dita, l’abate aveva avuto
           un  sussulto e  un’idea  si  era  fatta  strada  trapassandogli  da  una
           parte all’altra la mente, come una saetta scagliata su un bersaglio
           lungamente mirato.
              Carmelo Battaglia era al servizio del monastero da quando era
           un ragazzino; il suo compito era stato dapprima quello di aiutante
           stalliere, poi di stalliere vero e proprio, quando era morto suo padre
           di cui aveva preso il posto.
              Era un giovane intelligente e servizievole, anche se i monaci
           lo consideravano una testa calda per alcune intemperanze che il
           religioso attribuiva all’incoscienza dell’età. Ma nei suoi confronti
           nutriva una simpatia un po’ sorniona e distaccata,  mista ad un
           pizzico di ammirazione. Sapeva infatti dei suoi successi equestri,
           e la vittoria conseguita al palio di S. Agata qualche mese prima,
           aveva  portato  allegria  anche  nella  vita  monotona  del  convento.
           Almeno nelle zone periferiche, dove stavano gli inservienti e il
           personale addetto alle cucine.
              Ma  comunque  sapeva  che  di  lui  poteva  fidarsi,  e  in  più  di
           una circostanza gli aveva affidato qualche incarico riservato che
           Carmelo aveva potato a termine con lo zelo necessario.
              Adesso occorreva procurarsi il denaro necessario per iniziare i
           lavori di rifacimento della chiesa.
              “Padre abate, venga, venga a vedere, per favore!”
              La voce un po’ metallica di frate Alceste lo scosse dalle sue
           elucubrazioni. Da quando la colata aveva concluso il suo devastante
           percorso, e se n’era celebrata la fine con tanto di festeggiamenti ed
           esposizione del santo Chiodo, nel convento non c’era più pace.
           Era tutto  un andare  e venire  di monaci  impegnati  a rassettare,
           a  riordinare,  a  ripristinare  quel  che  la  furia  distruttrice  aveva
           devastato a metà ed era ancora utilizzabile.



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