Page 60 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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abbondanti, del convento.
Ma questa volta era diverso, perché la lava aveva ostruito le
strade di comune accesso alla città, e lui non si era mai spinto oltre
il confine delle mura. Occorreva usare prudenza e percorrere strade
e trazzere che non erano state investite dal torrente di fuoco.
Il cielo plumbeo e coperto da una fitta nuvolaglia non
faceva presagire nulla di buono. A tratti un vento fastidioso gli
schiaffeggiava il viso e gli faceva socchiudere gli occhi. Il cammino
era accidentato perché le lave avevano coperto le vie comunemente
battute, e bisognava farsi largo evitando gli impedimenti, da una
parte e dall’altra.
Carmelo aveva voluto portare il carretto più piccolo per
effettuare almeno in parte i primi trasporti, ma adesso si era quasi
pentito, le ruote si storcevano e si bloccavano continuamente, sul
terreno reso particolarmente sconnesso dall’accumulo di sassi e
detriti.
Era cominciata una pioggia fitta e fastidiosa che rendeva ancora
più disagevole il cammino.
Catania era ormai lontana, ma tra i bagliori dei lampi si poteva
vedere uno spettacolo desolante: là dove era tutto un verdeggiante
susseguirsi di giardini di aranci, regnava solo la desolazione
prodotta dal cupo mantello di pietre ancora fumanti.
A lui, intrepido vincitore del Palio, vennero sulle labbra queste
preghiere, pronunciate mentre il suo cuore si faceva sempre più
piccolo:
“Maria Santissima, Santa Vergine Immacolata, aiutami tu…”
D’un tratto la sua attenzione fu attratta da un rumore cadenzato:
sembrava uno scalpiccio di passi affrettati, un affannoso rincorrersi
cui si aggiungevano delle voci concitate e ancora lontane. Il
suo carretto in quel punto aveva dovuto fermarsi e Carmelo,
istintivamente, mise la mano destra sul coltello che portava sempre
con sé.
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