Page 71 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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colpo, e guardava fissamente il gruppo, cercando di riconoscere
qualcuno.
Una bestemmia, pronunciata dal giovane a labbra strette, e
rivolta non si sa a chi, spinse la ragazza a staccarsi un po’ da lui, a
guardarlo con sorpresa, come se lo vedesse per la prima volta.
Si chiese, Rosina, quali misteri nascondesse in cuore Carmelo,
e perché fosse così restio a raccontaglieli.
Rosina era preoccupata per la zia Ignazina che deperiva a vista
d’occhio e non si reggeva più in piedi, ormai. Adesso occorreva
occuparsi dell’anziana. Visto che ogni cura si era rivelata inutile,
la ragazza, dopo avere chiesto consiglio a padre Girolamo, aveva
deciso di ricoverarla nel vicino ospedale di san Marco, per accedere
al quale il parroco si era prodigato in ogni modo, e Carmelo si era
offerto di effettuare il trasferimento con l’aiuto di qualche monaco
addetto ai servizi esterni.
Quest’ospedale prendeva il nome di san Marco per ricordare
i rapporti commerciali che erano intercorsi tra la città etnea e
Venezia, che teneva negozi e botteghe di traffico, per penetrare
all’interno dell’isola alla ricerca e alla conquista di altri mercati.
Era sorto nel secolo XIV, successivamente ampliato e arricchito
di altre costruzioni con l’ausilio della pubblica carità; occupava
l’area vicina al palazzo Universitario, con molte botteghe e
magazzini, e dal lato di ponente si affacciava sulla via della
Luminaria, mentre a mezzogiorno dava sulla piazza della Fiera.
L’ospedale contava 25 letti che servivano, oltre che per gli
ammalati, anche per il personale di servizio che dormiva dentro
il nosocomio. Rosina era confortata dal fatto che suor Celeste,
che aveva conosciuto sua zia quand’era dalle monache, prestava
servizio temporaneo. Era sicura che si sarebbe presa cura di lei.
Il trasporto dell’inferma fu particolarmente doloroso per Rosina
che, dopo averla sistemata e messa a letto, volle pregare nella
piccola cappella che serviva all’amministrazione dei Sacramenti
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