Page 67 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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L’attenzione degli spettatori era concentrata sul viso del notaio,
che aveva assunto un’espressione molto concentrata e compunta:
“D’una, fa trè gran bocche Etna e copiose
Versano fuochi, eruttano faville,
Poi serpeggiando liquide, e precise,
Diroccano edifici, alberi e ville.
Vomita su l’alture ancor focose
Immensi sassi ardenti à mille à mille,
Onde fiorito il suol copresi tutto
Di nero ammanto di doglioso lutto.”
I versi si snodavano lenti e solenni. Ogni convitato poteva
ripercorrere i momenti vissuti nell’angoscia e nel terrore di vedere
distrutti i propri beni e la propria, amatissima, città.
”Molto oprò per schivar danni, e rapine
vigile trà disastri, accolto in pace
il Senato scacciar le pellegrine
genti, e le porte custodire face;
fide schiere adunò cittadine,
gl’assegna i posti ‘a raffrenar l’audace
squadre divise pur di cavalieri,
per rondar nella notte i lor quartieri.”
Il compiacimento del Capitano del popolo era evidente: si
lisciava, con fare sussiegoso, il mento prominente, ed i suoi occhi
brillavano per l’eccitazione. Essere lodato per l’azione condotta
durante quei tristi giorni lo rendeva estremamente orgoglioso.
Ma anche il Vescovo veniva ricordato: da un altro punto di vista,
strettamente religioso, aveva portato a termine la sua missione,
portando in processione la santa reliquia, amata da tutti i catanesi:
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