Page 77 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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CAPITOLO XI



              La luce. Quella luce non l’avrebbe più scordata. Le trapassava
           le pupille costringendola a chiudere gli occhi, riempiva il soffitto
           di lugubri  bagliori  rossastri, componendo  disegni  strani,  spirali
           vorticose e fioche giravolte.
              Eppure il lume era lì, semplicemente poggiato sul cassettone,
           accanto al letto, mentre lei, in posizione supina e immobilizzata,
           guardava in alto.
              Strano che la luce facesse degli effetti così particolari. Strano
           che  ogni  cosa,  nel  mondo,  avesse  origine  dalla  luce:  la  luce
           primordiale, venire alla luce, fare luce…
              L’aveva aspettata e presa al varco, come aveva visto fare ad
           un  gatto  che  piomba  su  un  tenero  uccellino,  momentaneamente
           distratto. Niente di più semplice: un gioco, soltanto un gioco.
              Il divertimento del padrone, la sua spacconata, qualcosa di cui
           vantarsi  e  sghignazzare  con  gli  amici,  quando,  dopo  un’allegra
           bevuta, ci si allenta il colletto e si comincia a raccontare le proprie
           imprese galanti…


              Aveva aspettato che non ci fosse nessuno, che il grande palazzo
           fosse insolitamente silenzioso. Oppure era stata una coincidenza,
           una  maledetta  coincidenza  che  si  era  verificata  quasi  per  caso,
           quasi che la sorte avesse predisposto i suoi malaugurati disegni per
           farsi beffe di lei, della sua fragilità.
              Cosimo l’aveva chiamata, perentoriamente. Lei aveva cercato


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