Page 132 - La via d'uscita
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… se sa che la suor Maddalena dopo aver fatto la sua professio-
ne si reclamava di volersene uscire da detto monastero per essere
la sua professione fatta per forza;
.... se quanto ha detto è la verità, e se li resta qualche scrupolo
di coscienza.
A queste domande le testimoni avevano risposto in for-
ma univoca e concordante; ciascuna di loro aveva confer-
mato, dal proprio punto di vista, di essere pienamente al
corrente che la monacazione di Agnese era avvenuta con-
tro la sua volontà e che le aveva provocato un grave depe-
rimento fisico.
Trascorso il tempo per produrre ulteriori prove testimo-
niali veniva proclamata la conclusio in causa, cioè la fine del-
la parte probatoria.
Il Vescovo rappresentava il giudice di prima istanza; egli
designava il difensore del vincolo, cioè una sorta di pubblico
ministero che esponeva tutti gli argomenti addotti contro
la nullità. Il notaio doveva essere presente e sottoscrivere
gli atti dando loro validità legale. Tali documenti venivano
affidati ad un archiviario o attuario che curava la compilazio-
ne dei fascicoli e la conservazione delle copie.
Praticamente la causa poteva dirsi conclusa con la resti-
tuzione in integrum e la dichiarazione di nullità.
Tuttavia, pur non essendo stata presentato a suo tempo
alcun ricorso in sede di appello, la sentenza definitiva tar-
dava ad essere emessa.
Agnese-Maddalena si mangiava le mani e non capiva il
perché di questo ritardo, ma sicuramente esso dipendeva
da un motivo patrimoniale: l’opposizione di suo padre era
forte a volerle concederle la parte dotale che le spettava ed
era sicura che aveva lottato con le unghie e con i denti per-
ché ciò non avvenisse, costringendo a ciò anche la superio-
ra. Da tempo non aveva contatti diretti con la sua famiglia:
né di sua madre, la cui ipocondria s’era aggravata, né dei
suoi fratelli che vivevano spensieratamente dilapidando il
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