Page 127 - La via d'uscita
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aggiungere l’azione nefasta dei gabelloti che lucrando for-
temente sulle rendite, hanno sperperato quasi l’intero pa-
trimonio. Credo che lo Zio sia morto di crepacuore anche
per questo.”
Maddalena l’ascoltava come se l’altra stesse raccontan-
do una favola; nella stessa isola, non troppo distante dalla
sua città, si svolgevano esistenze ed attività di cui non sa-
peva nulla. Ma non sapeva nulla neanche di Catania, dal
momento che la sua vita si era sempre svolta o all’interno
delle mura claustrali, o tra quelle della casa di campagna e
di città. Si sforzò di ricordare quelle poche, rarissime volte
in cui in compagnia dei genitori aveva attraversato la cit-
tà in carrozza, e si ritrovò a formulare delle considerazioni
che non avrebbe pensato di fare, tanto lontane dai suoi in-
teressi. Certo, la città etnea dopo il devastante terremoto
era ancora in fase di ricostruzione e alcuni edifici, come il
convento dei Benedettini, concepito come lussuosa dimo-
ra per dare lustro alla città, non era stato ancora comple-
tato; si ricordò di averne sentito parlare alla Superiora; ne
avevano sofferto le attività economiche e commerciali e di
conseguenza anche la vita sociale si era immiserita. Guar-
dò Virginia: la sicurezza dei suoi modi derivava certamente
dalle esperienze che aveva potuto fare, e, provò l’inarresta-
bile desiderio di saperne ancora di più; fu contenta perché
si sentì risollevata dalla perniciosa apatia in cui stava spro-
fondando.
Uno di questi racconti ebbe modo di ascoltarlo in un altro
momento; si trattava di una delle feste memorabili a cui
Virginia aveva partecipato:
“La villa di un principe di Palermo, di cui non faccio il
nome e da cui eravamo stati così cortesemente invitati,
era addobbata in modo tale da simulare la natura, in tutto
e per tutto. Davanti alle grandi specchiere che riempivano i
saloni erano stati posti degli alberi da frutto, sradicati dalla
campagna, ad una distanza tale da creare l’illusione ottica
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