Page 138 - La via d'uscita
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La lettera era stata indirizzata e per fortuna, non era fini-
ta nelle mani del gesuita che era stato costretto ad abban-
donare il convento per ordine dei superiori. Era un’appas-
sionata dichiarazione d’amore, farneticante e febbricitante
che gli proponeva addirittura una fuga insieme dal conven-
to in una non meglio identificata località di sua apparte-
nenza. Concludeva dando quasi per scontata una risposta
positiva, tanto la poveretta doveva essersi illusa coltivan-
do quest’assurdo progetto. L’allontanamento del religioso,
inspiegabile per lei, le era sembrato un netto rifiuto alle
sue profferte amorose, e così aveva elaborato pensieri tri-
sti, di morte, chiusa nella sua cella che rappresentava una
prigione infernale da cui sperava di uscire con quell’uomo
al fianco. Questi pensieri dovevano averla portata al gesto
estremo.
La triste vicenda aveva spinto Agnese a fare delle rifles-
sioni che la toccavano da vicino: che le monacazioni spesso
non derivavano da una spontanea adesione, ma erano do-
vute a costrizioni esterne, non era una novità, l’aveva spe-
rimentato lei stessa sulla sua pelle; ma occorrevano una
volontà salda e determinata per uscire fuori dalla stret-
toia in cui si veniva cacciate controvoglia, molta determi-
nazione e degli appoggi esterni, tutte circostanze che lei
-per sua fortuna- aveva trovato favorevoli. La povera suor
Benedetta era rimasta sola, chiusa in un mondo irreale e
soffocante, irretita da un’ingenuità perniciosa che l’aveva
perduta per sempre. Povera creatura.
Ma adesso era libera, sciolta da ogni legame col passa-
to, con una vita tutta da costruire. Poteva contare su una
rendita dignitosa, ma non aveva un posto in cui abitare.
Pensare di ritornare nel palazzo di famiglia non le passò
nemmeno per un attimo nella mente; non solo perché non
lo aveva mai amato, quel palazzo, a cui la legavano ricordi
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