Page 11 - Tempo scomposto
P. 11
gere gli altri scaffali colmi di libri preziosi.
Il cellulare squillò di nuovo e questa volta si sentì in do-
vere di rispondere, dopo averne ignorato per ben tre volte
il ronzio fastidioso che s’insinuava nel suo lavoro che final-
mente stava trovando l’abbrivio. Si alzò e, lasciando tutto
sul tavolo, si recò fuori, in una zona in cui poteva parlare
senza farsi sentire.
-Che c’è? -chiese quasi bisbigliando- Ti avevo detto di
non disturbarmi!
-Ma hai fatto...? Ti ho lasciato un promemoria con tutti
gli orari lì sul tavolo, non ricordi?
Sorrise tra sé e sé, un sorriso di materno compatimento
per il desiderio di essere rassicurata che Bianca esprimeva
con le sue ripetute richieste di ascolto. Corresse allora il
tiro ed il suo tono di voce si addolcì, mentre ripeteva le
raccomandazioni tante volte fatte prima di partire. Già,
questa partenza era stata una vera tortura; prima di deci-
dersi si era ripetuta mille volte se veramente aveva il diritto
di farla, o se invece era più giusto che restasse a casa, dove
la sola sua presenza garantiva ordine e normalità. Eppu-
re proprio in virtù di quell’ordine consolidato aveva per-
so tante occasioni lavorative. Al Dipartimento le restava
solo l’attività didattica, seminari ed esami, e la sua carriera
non decollava. Questa era l’occasione giusta: una ricerca
assegnatale dal Professore per fare la quale doveva, però,
scendere giù in Sicilia, a Catania, dove avrebbe trovato il
materiale necessario. Sapeva bene, Pintaldi, che lei a Cata-
nia si era laureata e che conosceva quindi la zona e ciò che
l’aspettava. Avrebbe potuto riabbracciare amici, parenti,
rivedere quei luoghi dove aveva trascorso il suo tempo mi-
5