Page 15 - Tempo scomposto
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un panorama e di un cielo diversi, lontani parecchie miglia
              da quelli consueti. Proseguì, lasciandosi alle spalle quest’u-
              briacatura di odori, sapori e suoni. Pochi passi e si trovò
              all’interno della villa Pacini, un tempo ritrovo dell’antica
              crema catanese, adesso un po’ immiserita dalla spazzatu-
              ra e dal degrado. Girò attorno alla fontana rotonda con
              i suoi schizzi d’acqua irregolari e si soffermò a guardare,
              da quella prospettiva, l’agile arcata che si snodava costeg-
              giando la lunga strada che dalla villa portava alla piazza dei
              Martiri. A quel punto l’assalì il desiderio irrefrenabile di
              vedere il mare, quel mare negato ai catanesi che avevano
              dovuto distanziarlo per costruire la ferrovia; s’addentrò zi-
              gzagando tra le macchine posteggiate disordinatamente,
              fino a trovarsi dinnanzi all’ingresso della vecchia Dogana,
              ormai restaurata; calpestò i grandi lastroni quadrati fino
              ad arrivare al margine della grande massa liquida che aveva
              in quel momento un colore cangiante, quasi tendente al
              viola. E ne respirò, a pieni polmoni, l’odore. Da lì si poteva
              godere della vista dell’Etna, offuscata ma magnifica, con la
              cima coperta di bianco e contornata da qualche striatura
              nuvolosa. Si poteva vedere anche un discreto numero di
              natanti ormeggiati davanti alla riva che dondolavano pi-
              gramente. Il sole riscaldava l’aria, l’induceva a stiracchiarsi
              per assaporarne la sua carezzevole vicinanza. Mirta si se-
              dette su un pesante blocco di pietra lavica, allungò le gam-
              be, e cominciò a ricordare.










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