Page 20 - Tempo scomposto
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un viaggio-premio in Grecia che desideravo fare da tanto
con mia cugina, quella con cui avevo diviso gite familia-
ri e matrimoni, compreso qualche funerale. Non ricordo
niente dei dettagli ormai confusi in un agglomerato indi-
stinto, ma le letture che feci quell’estate le ricordo quasi
tutte, perché -almeno nelle mie intenzioni- dovevano esse-
re il compendio di un triennio di studi metabolizzati con
consapevolezza: dal lirismo magmatico di “Cime tempe-
stose” a “Impressioni di un clown”, dalla parabola socio-a-
morosa di “Anna Karenina” al “Il maestro e Margherita”…
Quando il vortice estivo si stemperò nelle strettoie di un
settembre morente e languido, in famiglia si discusse della
scelta della facoltà e dell’alloggio da trovare. Per la facoltà
non vi fu nessun tentennamento da parte mia: era così evi-
dente la mia propensione per le materie umanistiche che
Lettere sembrò una scelta scontata ed inevitabile. Non così
per la scelta dell’alloggio. Mia madre e mia nonna, molto
preoccupate di salvaguardare la mia incolumità fisica e
mentale mettendole al riparo da tutti i potenziali pericoli
che potevano insidiarle, propendevano per un pensionato
religioso, in cui, dicevano, sarei stata trattata come a casa,
servita ed assistita per ogni mio bisogno... e poi, non ero
lì per studiare? Qualunque distrazione era bandita, a van-
taggio della mia totale dedizione alle materie, di cui, non
lo nego, avevo già dato prova più che positiva. Io tenten-
navo perché mi sembrava in questo modo di prolungare
la mia vita di collegio a cui volevo e dovevo dare un taglio
netto, per aprirmi a nuove esperienze e tastare le mie capa-
cità di sopravvivenza. Così, dopo varie discussioni, anche
per intercessione di mio padre che raramente s’intromet-
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