Page 22 - Tempo scomposto
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esperienza qual ero io allora, ne rimasi subito affascinata e
ci scambiammo il telefono.
Mi accostai timidamente a questa nuova amica, anima-
ta prevalentemente dalla necessità di avere qualcuno con
cui studiare e andare a lezione; compresi che avevo trova-
to in questo senso una buona compagna, perché riuscivo
ad affinare il mio metodo di studio senza perdere la mia
autonomia di giudizio. Studiavamo a casa sua, anche per-
ché non erano ammesse nel pensionato presenze esterne.
Abitava in un appartamentino di sua proprietà, o almeno
così credetti di capire perché la mia discrezione mi impe-
diva di affrontare l’argomento; questo mi affascinava mol-
to, invidiavo la sua capacità di gestire lo spazio in maniera
del tutto personale e l’essere riuscita a crearsi, così giovane,
una nicchia di autonomia mi spingeva a volerne seguire
l’esempio. Il lento distacco dal mio modo di essere era co-
minciato.
La casa era proprio a misura sua, pienissima di sopram-
mobili, quadri, quadretti, fiori, piante vere e finte, foto e
cornici, ma tutto assemblato con criterio; non c’era un solo
particolare che stonasse o fosse di cattivo gusto. Soltanto
che… era troppo! Mi chiedevo come si potesse fare a spol-
verare tutta quella roba senza perdere la propria lucidità
mentale! Un dettaglio (neanche poi tanto secondario, a
volerci pensare bene) m’incuriosì subito. La presenza nel-
la sua stanza di un letto matrimoniale, il letto grande, così
lo chiamavo da bambina, ma così poco istituzionale! Co-
perto da uno di quei copriletti coloratissimi, di provenien-
za andina o comunque esotica, che si usava tanto in quei
tempi in cui s’andava a fare razzia delle pezze più colorate
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