Page 27 - Tempo scomposto
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comunicare. Finii di sentirmi un pesce fuor d’acqua, come
spesso mi accadeva tra gente sconosciuta, e mi disposi a
godermela, senza problemi. Quando l’atmosfera fu abba-
stanza calda, qualcuno tirò fuori una chitarra e cominciò
a strimpellare qualche nota, e tutti ci andavamo dietro: la
voglia di cantare superava ogni stonatura. Luana mi diede
di gomito:
-Quella, vicino al ragazzo con la chitarra, quella è Mari-
na, poi te la presento!
Lanciai un’occhiata distratta alla ragazza con i capelli
lunghi, la frangia spessa e le gote incavate per concentrar-
mi, invece, sul ragazzo che aveva imbracciato la chitarra e
cantava; era veramente bravo, ma non solo: mi colpirono
i capelli lunghi sul collo, l’aria stranita e distante, la perfet-
ta padronanza della voce. Sembrava che cantasse solo per
sé ed invece una decina di persone si sforzavano di star-
gli dietro, attenti ad ogni mutamento di registro. Cantai
anch’io, con partecipazione, cercando di seguire le parole
che non ricordavo: mi sentivo nella parte, completamen-
te coinvolta, una canzone dopo l’altra. Quasi quando fu
il momento di andare, Luana si avvicinò con Marina, e
me la presentò. Non ci facemmo un gran simpatia a prima
vista, ma educatamente ci stringemmo la mano scambian-
doci il telefono. Doveva avere una gran fretta di conclude-
re, perché qualche giorno dopo si fece sentire e mi diede
appuntamento per farmi vedere la casa che avremmo do-
vuto affittare.
Questa si trovava in un quartiere periferico, al pianoter-
ra di un palazzo vecchiotto e non molto ben tenuto, ma
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