Page 32 - Tempo scomposto
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Quella sera Marina era molto agitata, quasi elettrizzata e
mi disse che dopo cena sarebbe venuta un po’ di gente per
bere qualcosa e fare un po’ di musica; confesso che non fui
entusiasta dell’idea -l’indomani partivo e dovevo alzarmi
presto- ma non dissi nulla, riservandomi la possibilità di
rintanarmi nella mia stanza o al peggio nel mio fazzoletto
di giardino, al riparo da qualsiasi eventuale fonte del ru-
more.
Così feci, dedicandomi alla lettura di un libro appena
iniziato; più tardi, prima di spegnere la luce, ebbi bisogno
del bagno e con aria timorosa m’inoltrai nel piccolo di-
simpegno buio, sperando di non incontrare nessuno. Fui
sorpresa nel sentire che la musica continuava, ma molto
leggermente ed in maniera quasi impercettibile: si tratta-
va di un’antica ballata irlandese che la voce dell’esecutore
modulava tenendola nei toni più bassi, mentre il pubbli-
co ascoltava in religioso silenzio, quasi non ci fosse nessu-
no. Allora capii che il musicista era quel ragazzo, quello
alto con la chitarra che tanto mi aveva colpito per la sua
bravura nella festa di qualche mese prima. Non ci avevo
più pensato, e mi rammaricai con me stessa di non ave-
re partecipato prima alla serata; ma ormai era tardi ed il
gruppetto di amici già stava salutando la padrona di casa
per andare via. Lì impalata, fuori ruolo e turbata non ri-
nunciai all’impulso di salutare l’intrattenitore musicale e
di partecipargli il mio apprezzamento. Lui si schermì, gli
occhi appena socchiusi e l’aria di chi si trova lì per caso e
vorrebbe essere in un altro posto; e questo mix d’ineccepi-
bile bravura e noncuranza della stessa e delle sue capacità
mi colpì, avendo io già sperimentato la supponenza e la
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