Page 34 - Tempo scomposto
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sembrava invitare a profittare di quel benessere momen-
taneo per fendere l’aria, per correre o passeggiare assapo-
rando l’odore di terra bagnata che la recente annaffiatura
aveva prodotto. Ma non lo feci: preferii farmi prendere dal
senso di abbandono e dalla pigrizia osservando bambini in
bicicletta, coppiette che camminavano mano nella mano,
gruppetti di adolescenti con la bocca attaccata all’ultimo
gelato della stagione, prima della clausura invernale.
-Mi pare di conoscerti, sei proprio tu, l’amica di Marina?
Non ricordo neanche il tuo nome, scusami!
S’era seduto accanto a me, senza che me ne accorgessi.
E mi porgeva la mano, con un saluto formale un po’ im-
pacciato. Neanche io ricordavo il suo nome. Con l’inse-
parabile chitarra, coperto da un giaccone esagerato per la
temperatura, Duccio (dopo vari tentativi il nome venne
fuori dai meandri della mia memoria) aveva un’aria casua-
le e interessante allo stesso tempo.
-Ciao! Sì che mi ricordo, sono io, Mirta-, feci sforzan-
domi di essere simpaticamente cordiale, mentre avvertivo
degli strani sussulti nella zona del plesso solare.
-Ci siamo incrociati appena un attimo proprio a casa vo-
stra. Non sei tu che dividi la casa con Marina? Io non la
vedo da un po’…
Bene, non so perché ma la notizia, non richiesta ed ina-
spettata, mi fu particolarmente gradita, perché eliminava
in un solo attimo le remore dell’imbarazzo e mi esentava
dal fare uno sgarbo all’amica con cui abitavo. Esitai un
poco, non volevo sembrare troppo entusiasta prima di ri-
spondere dopo avere deglutito asciutto.
-Stai andando a suonare, suppongo, ho avuto modo di
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