Page 31 - Tempo scomposto
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forza primigenia della natura sembrava facesse parte del
mio DNA. Mi chiedevo come si potesse vivere in un luo-
go dove non ci fosse il suo abbraccio e la sua vicinanza.
Quando in seguito gli avvenimenti della mia vita me ne
avrebbero portato lontano, grande fu il mio rimpianto di
non poterne più godere.
Il borgo marinaro di san Giovanni Li Cuti era la no-
stra meta preferita; andavamo la mattina presto, prima
che arrivasse la folla e ci stendevamo sulla sabbia nera a
volte interrotta da qualche masso spigoloso. Vedevamo
a quell’ora arrivare i pescatori che tornavano alla base
dopo avere pescato tutta la notte. Sciorinavano la loro
mercanzia offrendola ai pochi bagnanti che occupavano
la piazzetta; luvuri, scorfani, masculini, calamari, mucco
riempivano le loro ceste occhieggiando, freschissimi alla
vista e all’olfatto. Qualche massaia delle case soprastanti
col grembiule ancora allacciato faceva la spesa per conto
della padrona, o per sé, ridendo forte e gesticolando nel
pieno della contrattazione. Ricordo che una volta uno di
quei pescatori offrì a me e a Luana qualche riccio appena
pescato che mettemmo sul tavolo della colazione, al bar,
tra la granita di mandorle e la brioche. Una commistione
davvero inconsueta che tuttavia accettammo per non of-
fenderlo, con molti ringraziamenti e molte risate.
L’estate stava quasi virando al primo giro di boa e mi
accingevo a tornare al paese per riabbracciare i mei, com-
battuta tra il piacere di rimanere ed il senso della famiglia
che avevo quasi abbandonato; mi aspettavo qualche rim-
brotto per questo, ma il bel libretto che avrei presentato
avrebbe dissolto ogni critica, ne ero certa.
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