Page 92 - Tempo scomposto
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perdevamo, mano nella mano, tra strade anguste e vico-
letti bui, segreti, che sembravano nascondere chissà quali
storie provenienti dal suo ventre antico, colmo di emozio-
ni ancestrali. Un paese remoto, dal fascino arcaico, iden-
tificabile con la figura di una donna dal volto rugoso, con
un fazzoletto nero in testa. Penetravamo nelle abitazioni,
alcune preservate alle mutazioni del tempo, ambienti uni-
ci scavati nella roccia con il lettone alto grazie ai materassi
riempiti di crine o di paglia, gonfi nella parte centrale, con
la culla appesa al soffitto, il cassettone, l’angolo di cottura
dei cibi affumicato e annerito e le poche stoviglie necessa-
rie; qualche piatto sbrecciato, un ventaglio per alimentare
il fuoco ricavato dalla paglia intrecciata, qualche altro ce-
stino divorato dall’uso. C’era anche lo spazio per un ani-
male, un mulo o un asino, che aveva anche la funzione di
riscaldare l’ambiente, quando, nelle gelide notti d’inverno,
i fiati coagulavano il respiro.
La vita fra i Sassi si svolgeva all’insegna di una società
matriarcale. Gli uomini si recavano all’alba nei campi per
farne ritorno al tramonto e le donne, le uniche vere padro-
ne di quel patrimonio, scandivano, con le loro movenze,
il quotidiano che come rituale trascorreva per lo più fuori
dall’umido caveoso, con il vicinato, con le altre donne e i
loro bambini. La sedia accanto all’uscio, il capo chino e le
braccia piegate dalla fatica.
“Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non sia-
mo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma,
e, ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che
vivono la loro libera vita diabolica o angelica, perché noi
dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono
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