Page 106 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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Giacomo non sapeva il vero motivo per cui Carmelo doveva
           fuggire. Le sue simpatie ed il suo atteggiamento caritatevole gli
           avevano fatto meritare l’ampia fiducia dei congiurati: non era stato
           difficile convincerlo a coprire il giovane, verso cui nutriva anche un
           sincero affetto, ma non conosceva il vero scopo dell’impresa. Che
           sicuramente non avrebbe approvato, a maggior ragione  perché suo
           fratello Cosimo avrebbe potuto essere vittima del piano criminoso.
              Michele Tranchino aveva parlato soltanto di una persecuzione
           da parte di un nobile con cui Carmelo aveva avuto un alterco, e
           questo era bastato al buon monaco.
              Il giorno dopo, giovedì  prima  del  terribile  appuntamento,
           Catania si svegliò sotto un pesante strato nuvoloso: un vento di
           scirocco  soffiava  rendendo  l’aria  irrespirabile,  il  cielo  ingrigito
           nascondeva uno straccio di sole malato e anemico.
              La  notizia  si  era  diffusa  rapidamente,  passando  di  bocca  in
           bocca, aumentando la paura e la confusione tra la gente comune,
           ma soprattutto tra i nobili.
              Si sapeva per certo che Vincenzo Paternò, barone di Raddusa,
           era  tornato  qualche  giorno  prima  dalla  Spagna  annunciando  di
           avere ottenuto dal re stesso l’esenzione dalle imposte che avrebbero
           gravato troppo sulla città etnea, già duramente messa in ginocchio
           dai cattivi raccolti e dalle epidemie.
              Poi le cose diventavano confuse e si accavallavano le une sulle
           altre. Non si capiva perché una notizia così buona avesse messo
           in  agitazione  alcuni  nobili,  e  perché  tutta  la  guardia  civica  era
           schierata a presidio sulle varie uscite della città.
              Si cominciò a parlare di complotto sventato, di congiura messa
           a tacere. Di repressione, di precipitosa fuga di qualche nobile che
           temeva per la sua incolumità, di beni e masserizie precipitosamente
           sistemati sui carretti, portati nelle residenze estive, o furbescamente
           occultati negli scantinati e nelle soffitte dei palazzi aviti.
              La fantasia popolare e il passaparola ingigantivano e gonfiavano



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