Page 131 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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ormai, con un bagaglio di esperienze che molti sarebbero stati
pronti ad ascoltare a bocca aperta, se avesse deciso di raccontarle.
Le luci che a poco a poco si accendevano lungo il molo erano
poco più che fioche, ma furono sufficienti a produrgli una stretta
al cuore: Carmelo era voluto tornare nella sua città dalla parte
della marina, allo scuro e all’insaputa di tutti. In quel giorno di
fine ottobre si respirava ancora un’aria estiva ed il mare profumava
di sale e di vento. Un profumo pulito e profondo, che gli entrava
dritto dritto fino al cuore, regalandogli sensazioni indescrivibili.
Ripercorse con passo incerto il cammino che lo portava fino alla
porta dell’Arcora, assai vicina alla chiesa del Tonnaro dove c’era
stato l’ultimo, infelice incontro con i congiurati. Tutto era quasi
come l’aveva lasciato, e s’inoltrò nelle viuzze che lo portavano alla
Cipriana, al monastero della sua infanzia e della sua vita.
Qualcuno lo aspettava, qualcuno –con cui non aveva mai perso
i contatti- era pronto a riabbracciarlo e dividere con lui la gioia del
suo ritorno.
Sia pure con tutta la discrezione che richiedeva il momento, la
venuta di Carmelo fu accolta con molto entusiasmo da quelli che
l’avevano conosciuto e con curiosità da chi ne sentiva parlare per la
prima volta. Padre Giacomo lo strinse lungamente, confermandogli
il posto di stalliere e rassicurandolo che il suo nome era stato
dimenticato, anzi non era stato neanche pronunciato tra i proscritti.
Si sarebbe detto che si era allontanato per cercare fortuna altrove,
e che era tornato dopo tanto vagabondare per nostalgia…
Ma Carmelo, adesso, voleva riannodare i fili della sua vita
rimasti in sospeso e voleva dare un senso concreto al suo ritorno.
Voleva sapere di Rosina. Che ne era stato di lei? S’era sposata?
Immaginava di sì, data la sua avvenenza, ma sentiva dentro di sé
il rimorso di averla trascurata, di avere soffocato sul nascere un
sentimento che cominciava a provare e che la fanciulla –con la
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