Page 25 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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Cosimo e Giacomo, ormai ventenni o poco più, erano nati
dal matrimonio che non si era rivelato poi un affare così cattivo.
Non potevano essere più diversi di così, avendo preso ognuno,
separatamente le caratteristiche di un genitore.
Cosimo, il maggiore di ventidue anni, somigliava molto alla
madre da cui aveva ereditato la corporatura snella e armoniosa,
l’incarnato leggermente ambrato e lo sguardo nero e penetrante.
Anche nel suo temperamento c’era qualcosa che la ricordava:
solo che le prerogative del suo sesso avevano indirizzato queste
tendenze ad una estroversione quasi sempre vincente in ogni
campo, laddove, invece, nel caso di Agata, avevano prodotto una
rassegnazione mal accettata che trovava sfogo in cose futili e
sicuramente non adeguate alle sue potenzialità originarie.
Aveva iniziato gli studi universitari, ma in realtà si dedicava
quasi interamente alla conduzione dei beni familiari che un domani
sarebbero stati suoi, alternando viaggi a Napoli e a Palermo con
allegre brigate non sempre gradite alla madre.
Dal padre Giacomo aveva preso invece la carnagione chiara, i
capelli biondicci ed il carattere calmo e posato. Fin da piccolo, per
rispettare le leggi del maggiorasco, aveva studiato come interno
dai padri benedettini, che speravano molto in una sua adesione
totale alla regola e in una carriera che l’avrebbe portato ai più alti
ranghi, dati i suoi natali.
Rosina bussò timidamente alla porta. “Vostra signoria ha
chiamato? Desidera la colazione?”
Agata la guardò come se la vedesse per la prima volta. Anche se
la ragazza era a servizio di casa Moncada da qualche mese, non si
era ancora abituata alla sua figurina snella e garbata, ai suoi modi
discreti, così diversi da quelli di chi l’aveva preceduta. L’aveva
presa su segnalazione delle monache di san Benedetto e doveva
ammettere che non s’era affatto pentita di aver dato loro ascolto.
“Si, Rosina, portami qualcosa, anzi dì alla cuoca che mi prepari
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