Page 27 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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stata in cucina e aver trasmesso l’ordine, si rifugiò nella stireria.
Cominciò a piegare le lenzuola che erano state ritirate da poco,
carezzandole leggermente con molta delicatezza, prima di stirarle
una per una. Osservava i ricami e i merletti che adornavano
la biancheria padronale e non poteva fare a meno di pensare ai
lenzuoli che costituivano la sua piccola dote.
La zia Ignazina le diceva sempre che la biancheria costituisce
la ricchezza e l’onore di una casata, per questo era così importante
che una ragazza da marito ne avesse a sufficienza. Rosina non era
così ingenua da pensare che il suo misero corredo potesse essere
appetibile per qualcuno, ma non le dispiaceva immaginare che lo
avrebbe potuto utilizzare tra non molto.
La chiamarono per scaricare la verdura che i servitori avevano
portato dalla campagna. Scese da una scaletta tortuosa e solitaria
che conduceva direttamente al cortile interno. Avrebbe così evitato
incontri poco graditi.
Eppure sotto c’era, ancora una volta, Cosimo che discuteva con
lo stalliere di un cavallo che non aveva potuto sellare.
Non era sola, fortunatamente, e compì il suo lavoro con gli
occhi bassi, facendosi notare il meno possibile.
Le “avances” del baronetto erano cominciate quasi subito dopo
la sua assunzione nella casa. Non era una cosa inconsueta che un
padrone –più o meno giovane- si togliesse qualche capriccio con
una servetta, e Rosina aveva imparato a disimpegnarsi con garbo e
destrezza, sperando sempre che Cosimo non oltrepassasse mai un
certo limite.
Negli ultimissimi giorni a questa speranza se ne aggiungeva
un’altra: la possibilità di non essere più così sola a badare a se
stessa, ma di avere al suo fianco qualcuno su cui potere contare.
Libera dagli impegni, poté affacciarsi ad un balcone del palazzo
rimasto inaspettatamente aperto dopo la festa della scorsa notte.
Questa balconata era prediletta da Rosina che ne apprezzava
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