Page 30 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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momento, avevano finto ciascuna di essere una persona diversa.
Rosina s’era messa nei panni della baronessa, facendo tesoro
della sua esperienza in casa Moncada, imitandone l’accento e
arrotondando le erre, le altre a turno fingevano d’essere l’una la
serva e l’altra la suorina uscita dal convento.
Le risate erano state incontrollabili; alla fine tutto era finito con
l’offerta dei dolci che facevano bella mostra di sé sulle numerose
bancarelle lungo il Corso, fino al piano S. Filippo, come voleva la
tradizione delle ‘ntuppatedde.
Tra una risata ed un motto di spirito avevano dovuto congedarsi,
alla fine, e Carmelo aveva dato un appuntamento a viso scoperto
a tutte e tre. Si sarebbero visti il giorno dell’ottava presso la
Cattedrale per dare l’ultimo saluto alla santa.
Ritornando alle loro misere abitazioni le ragazze avevano
continuato a ridere e a favoleggiare sul fortuito incontro. Ma Rosina
era quella più colpita: chiusa in un mutismo improvviso aveva
salutato a stento le altre e non aveva detto una parola neanche alla
zia Ignazina che le chiedeva il resoconto della festa.
Pensieri diversi le si accavallavano nella mente: il disagio
della sua condizione di povera popolana sembrava potere avere
un riscatto inatteso, inaspettato. Le sue limitate e mortificanti
esperienze a casa della baronessa capricciosa e dispotica, del figlio
di lei arrogante e sussiegoso sembravano quasi dileguarsi, come
per incanto, e lei si vedeva quasi trionfante, quasi padrona, additare
il suo nuovo destino a quelli che la guardavano con distaccata
superiorità.
Ma a questi sentimenti che l’esaltazione del momento faceva
lievitare, si aggiungevano, in un contrasto antitetico, le solide
voci della ragione e della realtà che, unitamente ad un sincero ed
ingenuo fervore religioso, le indicavano la strada della prudenza e
dell’equilibrio.
Riaffioravano nella sua mente alcune parole, frasi smozzicate
dette dalla zia e colte a suo tempo con l’acume straordinario
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