Page 43 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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CAPITOLO VI
Il compito di Carmelo era quello di riempire il carretto con le
derrate alimentari che la carità delle migliori famiglie nobili di
Catania faceva al Monastero. A questo scopo il frate cellerario
lo aveva incaricato di recarsi, quella mattina di fine febbraio, a
casa Moncada, che da sempre era molto prodiga di largizioni e
prebende.
Quest’usanza rivelava gli stretti legami esistenti tra patriziato,
Convento e potere politico, allora dominanti. Le istituzioni si
spalleggiavano a vicenda in un intreccio non sempre limpido di
favori e largizioni cui corrispondevano connivenze e complicità.
La famiglia Moncada aveva più di un motivo per intrattenere
buoni rapporti coi Benedettini: Giacomo studiava con profitto nel
Convento e con molta probabilità avrebbe preso i voti, avviandosi
ad una prestigiosa carriera interna. D’altra parte gli affari e le rendite
della casata erano ben protetti e salvaguardati dall’amicizia con i
monaci che avevano la loro buona influenza sul Senato cittadino
e sul Vescovo. Basti pensare che, grazie a questa, il palazzo aveva
ottenuto, al momento dell’edificazione delle mura, il permesso di
aprire una “posterna”, cioè un passaggio diretto al porto di Catania.
E questo gli conferiva sicuramente prestigio e importanza, oltre
che comodità, com’è ovvio pensare.
Costeggiando quindi il lato sud della città, Carmelo percorreva
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