Page 44 - Miette Mineo - La lava e la polvere
P. 44
quel tratto di mura che lo conducevano, passando per la porta del
Porticello, ad un quartiere assai ricco di magazzini e depositi che
servivano per il rifornimento delle navi. Era tutto un brulicare
di carico e di scarico, un variopinto fervore di attività che si
svolgevano in quel momento.
Il giovane, ascoltando anche dalla viva voce del padre i racconti
delle passate carestie e dei terribili fatti del ’47, aveva concepito
un sentimento di avversione nei confronti delle ingiustizie e dei
soprusi che infierivano sui popolani e che rendevano la loro vita
così precaria e miserevole.
Pur non avendo studiato ed essendo quindi quasi analfabeta,
come quelli della sua condizione, il contatto continuo con i monaci
del convento e l’ascolto delle preghiere e delle conversazioni
che parlavano di carità, di astinenza e di spirito di sacrificio e
di fratellanza avevano sviluppato nel suo animo un sentimento
religioso spontaneo e un po’ ingenuo che poteva sfociare in atti di
intemperanza, soprattutto quando sentiva minacciato qualcuno più
povero e debole di lui.
Era accaduto infatti che Carmelo, appena diciannovenne, aveva
sentito dire che alcuni mietitori, dopo una dura giornata di lavoro
si accomodavano accanto al Duomo per trascorrere la notte con i
pochi averi e il misero e sudato guadagno. Alcuni soldati, sentito
ciò, non avevano esitato a derubare i poveri villani approfittando
della loro stanchezza. Se n’era parlato, in convento, e Carmelo
e qualche altro amico volenteroso si erano adoperati a dare una
lezione agli spregevoli autori dei furti. Travestitisi da mietitori,
avevano allontanato quelli veri e avevano finto di dormire sulle
gradinate della chiesa. Quando i soldati si erano fatti vivi, lui e i
suoi compagni li avevano messi in fuga a suon di pugni e cazzotti.
L’episodio si era poi risaputo nel convento e fuori, e Carmelo e i
suoi compagni avevano acquistato la fama inossidabile di difensori
dei poveretti…
44