Page 46 - Miette Mineo - La lava e la polvere
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della città, dove sorgevano diverse concerie; avevano quindi
costeggiato la Chiesa di S. Francesco di Paola e quella del S.S.
Salvatore dirigendosi verso Ognina.
In quella zona il paesaggio era completamente diverso da quello
che contornava la parte opposta della città: la spiaggia si snodava
per lungo tratto, ora sabbiosa, ora interrotta da sciare e da scogli
su cui sorgevano delle torrette di avvistamento, guardiole costruite
per garantire la sicurezza. Talvolta offriva dei tratti di vegetazione
selvaggia e battuta dal vento; quasi sempre era ricca di cave e di
vigne e procedeva verso S. Giovanni li Cuti, l’antico borgo di
pescatori, prima di arrivare al porto di Ognina, incurvandosi in una
dolce insenatura.
Si fermarono là, sull’ultima delle guardiole di avvistamento,
attaccata alla chiesa di S. Maria dell’Ognina. Il paesaggio già
così aspro, era in quella giornata sferzato da un vento che faceva
arricciare il mare in mille arabeschi spumosi: faceva freddo.
Durante tutto il tragitto Carmelo non l’aveva mai guardata
in faccia, intento com’era a governare il carretto e ad evitare i
tratti accidentati del terreno. Le fece mille domande, chiedendo
con vivo interessamento di lei, della zia, della sua triste infanzia.
Rosina rispondeva con qualche imbarazzo, intimidita dal suo
atteggiamento, ma incoraggiandosi a parlare come se fosse un
piccolo male necessario a fugare ogni dubbio, a chiarire ogni cosa,
Poi cominciò lui a parlare, dapprima lentamente, in seguito in
maniera più serrata e quasi convulsa, senza lasciarle la minima
possibilità di intervenire.
Un fiume, un torrente inarrestabile di parole che la lasciarono
interdetta. Non una pausa in cui la sfiorasse con uno sguardo
tenero, non un momento in cui la sua mano si posasse sulle sue,
abbandonate sul grembo come se attendessero di essere prese tra
le sue, forti e decise.
Un lungo monologo in cui si mescolavano ricordi e propositi,
lamentele e invettive. Affioravano l’amarezza per la sua condizione
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