Page 163 - Corti di carta
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PICCOLI CRIMINI DOMESTICI
«Io l’amavo, non può sapere quanto l’amavo».
Il tono diventa lamentoso, il labbro sinistro comincia a tremare,
mentre qualcosa che somiglia ad una lacrima scende lentamente
dall’orbita per finire a sfiorare la guancia su cui la barba non fatta da
qualche giorno ha disegnato chiaroscuri indefiniti.
L’altro con fare compassato prende il pacchetto che si trova lì,
negligentemente poggiato sul tavolo e prende una sigaretta.
«Lei permette?».
Si è ritirato tardi, la notte scorsa, dopo una cena piuttosto “forte”
in un ristorante messicano, ed ancora le tortillas fanno a pugni con la
salsa di peperoni, in un conflitto che sembra destinato a durare
parecchio ancora.
«No, grazie».
Quattro. Quattro alla cena, alla serata e al ristorante. Non ci andrà
più.
L’uomo che gli sta di fronte si soffia il naso. Lo guarda di
traverso, tra una nuvoletta e l’altra.
Non si può immaginare niente di più comune. Avrà tra i quaran-
tacinque e i cinquanta. Abito grigio e dimesso, capelli corti e ben
pettinati, con qualche filo bianco sulle basette e sulle tempie. “Ma i
capelli ci sono tutti!” pensa tristemente l’altro passandosi la mano
libera su quel che è rimasto sul suo cranio lucido.
«Su, si calmi e mi dica. Sono qui per questo».
«Il nostro è stato quel che si dice un matrimonio d’amore. Con
tutte le cose a posto: parenti, cerimonia, abito bianco, suono
d’organo… Ricevimento in uno dei locali più “in” della città».
«Quanto tempo è passato?».
«Dodici anni. Mi sono sposato esattamente dodici anni fa: il 13
settembre…».
«Lasci perdere, andiamo al sodo…».
«Mi scusi, io divago, ma quando ci si sposa per amore, così, e
poi…».
«Mi dica. Come vi siete conosciuti?».
«Un classico, dottore, sa uno dei racconti di quello scrittore
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