Page 43 - Corti di carta
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confonde ignudo in pieno sol…».
               Fabrizio pensò come sarebbe stato bello comporre delle canzoni
            così per Letizia, o delle poesie, chissà… Aveva tante idee e prima o
            poi sarebbero venute fuori.
               Max non era proprio suo amico. No, troppo diversi: tutto ye ye
            lui, auto, jeans e ragazze. Riservato, introverso, buone letture, buon
            cinema, conversazioni interessanti, lui.
               Ma non per questo piaceva di meno. Saranno state le pagliuzze
            dorate negli occhi, o quell’aria finto-trasandata con cui andava in
            giro, ma era sicuro di avere colto più di uno sguardo femminile
            interessato.

               “E questa da dove è saltata fuori?” Una fotografia era caduta dal
            vecchio libro di liceo che gli serviva per la relazione che avrebbe
            dovuto   presentare   al   prossimo   Collettivo   di   cui   era   presidente.
            Istintivamente fece per rimetterla al suo posto, ma poi ebbe un attimo
            di ripensamento e la guardò più attentamente.
               “Caspita! Sono passati dieci anni da allora! La foto dell’ultimo
            anno di Liceo, la gloriosa V D Con una curiosità che diventava
            sempre meno divertita, guardò uno ad uno i volti dei suoi compagni
            di allora. Guarda Massimo, là c’è… come si chiamava quello? Non
            riusciva a ricordarne il nome. Ah! ecco Fabrizio, e Carlo, con la sua
            aria da finto stupido! Le ragazze, poi! Tutte racchie, tranne… come
            si chiamava quella? Gabriella, mi pare, con la sua fedelissima e
            inseparabile Giusi”.

               Dieci anni. Erano passati dieci anni, da allora. Fulvio scosse la
            testa e sospirò perché altre cose molto più importanti di qualche
            confusa nostalgia lo aspettavano: stava preparando l’occupazione
            dell’Università con alcuni compagni, e la sua casa era un continuo
            andirivieni di studenti di ogni tipo. Il telefono squillava continua-
            mente e Marta, la sua compagna, reclamava ogni tanto un po’ di
            attenzione. Ma Fulvio andava avanti come un  carrarmato, vivendo
            giorno per giorno in una esaltazione febbrile che non escludeva una
            lucida razionalità.
               Già dai tempi del Liceo lo avevano soprannominato:  Rivolu-
            zionario, Capopolo, Sobillatore, secondo i casi e le circostanze, ed
            era noto in tutte le classi il suo spirito polemico che gli aveva fruttato


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