Page 40 - Corti di carta
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Max deglutì e, perso nella gola, il pomo di Adamo di recente
formazione andò su e giù per un paio di volte.
Non voleva parlare, accidenti, non voleva parlare. Voleva solo
farsi trasportare dal ritmo e da quelle parole che aveva sentito tante
volte nel suo giradischi.
Sfiorò la guancia morbida e accaldata di Marisa e le soffiò
delicatamente sul collo. Dopo, le parole sarebbero venute dopo.
«I love you, I love you, I love you... it’s the only word I know
that you understand, my Michelle...»
Sorpreso in un dormiveglia in cui si mescolavano in modo
indistinto suoni e colori, sapori e sensazioni di vario tipo, Max
grugnì malamente allo scuotimento di suo fratello Gianni.
«Dove sono le chiavi della Mini? È un’ora che le cerco in questo
maledetto disordine, ma non trovo niente! Ti vuoi svegliare o no?»
«Là, sotto. No… eccole! Te ne vuoi andare? Stavo dormendo così
bene».
Qualcosa tra uno sbadiglio e una smorfia chiuse l’alterco. Ritor-
nato all’abbraccio rassicurante del suo letto, la mente di Max
continuava a gironzolare sulla serata precedente. Sulla festa. Su
Marisa.
Stralci di conversazione affioravano nel torpore.
«Dove vai quest’estate?».
«Farò una vacanza studio a Londra, quattro settimane con Letizia,
la conosci? a partire da luglio».
Londra, Londra… la sola parola evocava i Beatles, Mary Quant,
le passeggiate a Carnaby Street, Hyde Park, il cambio della guardia.
La swinging London dei libri e dei film, delle canzoni. E dei giovani.
Cosa avrebbe dato per trascorrere quelle quattro settimane con
Marisa a respirare a pieni polmoni quell’aria di libertà così frizzante,
ad assorbire gli umori così esaltanti di un mondo in continua
evoluzione.
Accese la radio sul comodino. Stavano trasmettendo Satisfaction,
manco a dirlo. «I can get no satisfaction, I can get no satisfaction and
I try, and I try, and I try...». Max si grattò un poco la testa nel punto
in cui i capelli si dividevano e cominciò a pensare cosa poteva fare
per risolvere il problema.
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