Page 36 - Corti di carta
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limita a spostarsi un po’ nel letto quando lei glielo chiede, ma
appena, delicatamente, come per non svegliarla.”
E quell’insieme aggrovigliato come una matassa di ferro filato,
dura e compatta di sorrisi appena abbozzati e di mille esitazioni e di
mille paure, e doveri, e singulti cacciati in dentro, sempre più giù, si
frantumò.
Matilde pianse come non aveva forse mai fatto prima, a singhioz-
zi pieni e convulsi. Senza ritegno.
Tanto che Dario aprì timidamente la porta: «Zia… cosa?».
Matilde non rispose.
Adesso Matilde si guardava a lungo allo specchio, si scrutava
attentamente come avesse voluto leggersi dentro. Si sorprendeva a
specchiarsi nelle vetrine e a confrontarsi con altre.
Era diventata più dura, meno paziente.
Quando sua madre la chiamava non sempre era disposta a correre
subito, ma economizzava le sue forze, cercando di non disperderle in
cose inutili.
Aveva imparato a dire qualche no e si avvaleva di questa capacità
con lo stupore di un neofita.
Ne sapeva qualcosa Dario che aveva capito, non senza aver digri-
gnato i denti irrimediabilmente storti, che non più, che non tutto gli
era permesso come prima.
Adesso sua madre aveva cominciato a guardarla di traverso, con
occhi supplicanti quando voleva qualcosa. Del tono lamentoso e
imperioso di prima quasi nessuna traccia.
Ma i doveri di Matilde non erano certo diminuiti. E, come
sempre, correva tra una cosa e l’altra cercando di prendere fiato.
Tutte le volte che andava al supermercato – non voleva ammet-
terlo neanche a se stessa – Matilde si guardava intorno come cercasse
qualcuno. Ma da molto tempo, ormai, di jeans scoloriti nemmeno
l’ombra.
Quel giorno aveva più tempo del solito e si soffermava a guardare
etichette e a confrontare prezzi. Si imbatté nel reparto dove, allineati
per argomento, c’erano dei libri.
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