Page 31 - Corti di carta
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MATILDE
La porta sbatté violentemente. Il campanello suonò a intermit-
tenza una o due volte.
«Matilde!».
Ansando per la corsa, incerta su quale operazione compiere,
dapprima socchiuse l’uscio per far capire che aveva sentito e poi aprì
la porta d’ingresso che cigolò pesantemente.
«Quante volte devo dirti di portare le chiavi».
La risposta fu uno sberleffo di noia e di insofferenza.
«Matilde... Che cosa fai? Vuoi deciderti a venire, sì o no?».
«Sì, mamma, vengo subito. Dario, come al solito, ha dimenticato
le chiavi. Ti porto la medicina che s’è fatta già l’ora».
La figlia era sotto il suo raggio d’azione e la vecchia si acquietò,
mentre i suoi occhi, sgranati e rotondi, usciti fuori dalle orbite per la
malattia, si socchiusero un po’ e la faccia assunse un’espressione
soddisfatta.
A Matilde, che intanto tornava con il bicchiere e la pillola, il suo
braccio grassoccio e tremolante indicò la candida catasta poggiata
sulla sedia.
«Prendimi quel cuscino, ho una cosa qua, sul petto» e indicò
vagamente tra il collo e più giù, tra le sfatte rotondità.
«Non posso respirare! Mi manca l’aria. Mettimi quel cuscino,
qua, sotto la testa!».
La voce si faceva sempre più flebile e piagnucolosa.
Matilde sospirò e si morse mezzo labbro. Accennò un sorriso
rassicurante «Ma no, mamma, vedrai che ora ti passa, prendi questa
caramella, intanto…».
La vecchia sembrò calmarsi per un po’ e succhiando avidamente
la caramella che Matilde le aveva scartato e ficcato nella bocca
semichiusa, si accasciò sul cuscino.
«Zia, la merenda! Dove sono i wurstel? Ho fame».
Dario faceva sempre così quando tornava dal turno pomeridiano:
affamato come un lupo.
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