Page 29 - Corti di carta
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sgombro durante la mia breve permanenza.
               Il crepuscolo interveniva a chiudere il ciclo della luce prima
            dell’inarrestabile piombare del buio, del nero della notte fredda.


               Eravamo in una capanna del villaggio di Dilla, dopo aver tentato
            di intervistare alcune donne sulle mutilazioni degli organi genitali
            (impresa faticosissima data la reticenza delle stesse e le difficoltà
            dell’interprete) e avevamo approfittato di un attimo di pausa per fare
            qualche scatto.

               Le due donne erano bellissime: una giovane sembrava la madre,
            l’altra, più piccola, forse la figlia, quasi impaurita, guardava però
            avanti, lo sguardo severo e distante. La prima ci fissava mentre
            armeggiavamo con gli obiettivi. In quello sguardo era condensata
            tutta la muta rassegnazione del suo essere inconsapevole, nell’in-
            consapevolezza del suo dramma.
               Una luce obliqua illumina i volti, ma soprattutto gli occhi delle
            due donne.
               Il buio le fa da contrappunto e crea delle ombre sul muro che fa
            da sfondo.

               Così, quando per un po’ l’incalzare delle azioni quotidiane mi dà
            tregua, mi piace soffermarmi sulle ultime cose che ho fatto. Rivedere
            le ultime foto, accostarle a quelle precedenti, confrontarle.
               Tra tutte, quella delle due somale sconosciute e inghiottite dalla
            voragine degli eventi, rimescola sensazioni mai sopite.
               Mi piace guardarla ancora, mentre, prima di notte, quando si fa
            buio, piano piano spengo la luce, aspettando che si faccia di nuovo
            chiaro.

















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