Page 57 - Corti di carta
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Marta, cara Marta,
quanto tempo fa ti chiamavo così? Oggi non ho più tempo,
non c’è più tempo. Ti vedo distante e indifferente, ma al
contempo risoluta, ed ho la percezione netta di una vicenda
conclusa per sempre.
Nessuna parola tra noi per chiarire o per spiegare.
Vivevamo in una specie di nebulosa astratta, in un pantano
melmoso dove le emozioni e i sentimenti venivano inghiottiti
in un ribollire incessante.
Non ti ho capita, non ho capito.
Per troppo tempo ho guardato solo la mia immagine
riflessa. Per troppo tempo mi sono compiaciuto delle lodi,
delle acclamazioni, delle adulazioni.
Preferirei avere un coltello conficcato proprio qui, in
mezzo al cuore, ma devo dire con la poca umiltà che sono in
grado di racimolare: ho paurosamente, ho clamorosamente
sbagliato.
No, Marta, conosco bene quel tuo gesto di allontanare, di
schermire le molestie che ti rende così schiva e così diversa da
me, e non voglio certo il tuo perdono, né la tua compassione.
Voglio soltanto agguantare nel caos magmatico che adesso
è diventata la mia vita, un filo conduttore, un’ancora a cui
attaccarmi e appigliarmi in attesa di un approdo – quale? –
non so bene quale.
Ma Nik no. Nik non puoi togliermelo, non puoi ritorcere
contro di me l’unico affetto positivo della mia vita, l’unica
nota non stonata del pentagramma delle mie emozioni.
Ci sono gli avvocati, i tribunali, i giudici tutelari. Ma non
rendiamo, ti prego, la nostra comunissima e banalissima
vicenda umana meno “nostra”, non diamola in pasto alla carta
bollata, alle udienze, agli appuntamenti mancati, alle attese
infruttuose sotto il portone di casa.
È per questo che ti scrivo, che ti ho scritto dopo tutto
questo tempo. Pensaci. Mi farò sentire.
Matteo
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