Page 77 - Corti di carta
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È ancora più sottile, quasi evanescente. Il male la consuma.
È proprio ora di andare, adesso. La rappresenterà sul palcoscenico
questa morte annunciata fin dal primo atto, scena seconda.
Il teatro è pieno di un pubblico attento ed esigente. Si aspetta da
tempo la performance della famosa attrice assente da tempo sul
palcoscenico.
Alcune voci parlano di uso di sostanze improprie, di una clinica
per disturbi mentali, di un amore finito male.
Un brivido percorre la platea quando, pallidissima e bellissima,
entra nella scena. Il dramma sembra scritto apposta per lei: riesce a
dare accenti di verità anche alle battute più trite, più scontate.
«Magnifica! Hai visto che interpretazione?».
«Struggente, davvero... e poi così naturale, così vera».
«S’immedesima così tanto che sembra stia vivendo davvero quel
dramma. Ma sarà poi vero quello che si dice in giro?».
I commenti s’incrociano durante l’intervallo, rimbalzano da bocca
in bocca, si innalzano fino al soffitto finemente decorato.
Lei è nel suo letto, ora. La scena finale. Lui è al suo capezzale,
prima di raccogliere tra le sue braccia l’ultimo respiro. Una luce
obliqua accarezza i due personaggi.
Il pubblico è attentissimo, pronto a cogliere le battute conclusive.
Qualche signora più sensibile si asciuga furtivamente gli occhi
con un angolo del fazzoletto.
È finita, adesso: lei muore, lui piange, disperato, sussurrando il
suo nome, invocandola per l’ultima volta. Il sipario si chiude,
lentamente.
Il pubblico applaude, forsennatamente. Si sente qualche «Bravi!
Bravi!».
Ma che cosa succede? Lei rimane ferma, immobile nella sua
posizione. Lui la guarda, la chiama. C’è qualcosa di strano. Il sipario
si richiude. Un brusio, un chiacchierio, sempre più alto dilaga, si
allarga, prende tutta intera la platea e la tribuna.
Poi dopo un po’ di tempo, esce qualcuno che con voce rotta
dall’emozione, legge un foglietto:
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