Page 87 - Corti di carta
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SONO TORNATA
«Dovrebbe essere lì, dopo quella curva». Il passaggio a livello è
alzato. Via libera, dunque.
Lo guardo di sottecchi, mentre effettua la manovra. Riconosco un
certo, malcelato nervosismo. Le ruote stridono sull’asfalto. Lui
accende una sigaretta.
«Ancora? Ma non sai che ti fa male?».
Si gira verso di me, il sopracciglio destro leggermente sollevato,
l’occhio interrogativo e offuscato, allusivo.
Quando non risponde, so che non devo insistere. Sono venti…
cinque, no, ventisei anni esatti che faccio questa vita.
La giornata di aprile è di quelle che ti fanno venire voglia di stare
al sole, di respirare a pieni polmoni l’aria carica dei primi profumi
primaverili. Dopo un inverno così lungo e piovoso, ci voleva,
finalmente.
Manlio scende per primo, si sgranchisce le gambe. Io indugio un
po’: voglio rallentare il momento tanto atteso e tanto temuto allo
stesso tempo.
Lui apre il portoncino retrostante. Le imposte cigolano; sono
arrugginite e sbilenche. Un odore di muffa e di stantio m’investe di
colpo, mi fa indietreggiare.
«Scusami, pensaci tu ad aprire le finestre, io voglio andare un po’
in giro, voglio vedere».
Annuisce, distratto, già preso dai suoi pensieri, dalle sue
incombenze.
Non si è mai tirato indietro nelle cose, e di questo gliene do atto.
Tenace, determinato, irritante a volte nella sua cocciutaggine.
Giro un po’ intorno alla casa. I muri laterali sono pieni di licheni
grigiastri, le erbacce crescono tra le fenditure dei mattoni.
Scendo pochi gradini di pietra nera, affondo i piedi nella terra
bruna della campagna. Chissà perché non ho messo le scarpe chiuse,
adesso mi riempirò di terra e la porterò con me, fino a casa.
Il telefonino. «Mamma, dove sei? Tutto bene?».
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