Page 83 - Corti di carta
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Chissà perché la signora Carla aveva traslocato non più giova-
nissima? Se aveva conservato quei mobili che Angela ricordava
perfettamente, se c’era ancora quello spirito antico che aleggiava
nella casa e che ricordava ancora?
Una domestica o governante o badante le aprì la porta e attraverso
un corridoio stretto stretto la accompagnò in salotto.
Bianco. I suoi capelli, ormai, interamente bianchi. L’abbraccio fu
forte e spontaneo, caloroso e prolungato.
«Fatti vedere, come stai?».
«Quanto tempo è passato dall’ultima volta?».
«Dimmi, cosa fai, adesso?
«Ti sei sposata, abiti sempre là?».
L’emozione le chiuse la gola, per un po’. Quando le fu possibile,
Angela girò lo sguardo intorno. Il salotto era un luogo a cui, loro
ragazze, non era sempre consentito l’accesso, ma solo in circostanze
speciali, quando facevano visita con le mamme o quando c’era
qualcosa da festeggiare.
Riconobbe i mobili anche se disposti diversamente.
Qualcosa si era conservato interamente, nonostante lo scorrere del
tempo e il susseguirsi di avvenimenti sconosciuti.
La signora Carla era quasi del tutto curva, ma loquace e garbata,
come sempre, come prima.
Angela si guardò intorno e capì. No, non era quella deliziosa
cristalliera che da ragazza aveva tanto ammirato senza saperne il
perché, né il divano ad angolo o il delicato ricamo che le tendine
disegnavano sui vetri, ma tutte queste cose contemporaneamente, ed
altro ancora.
Quando tutte insieme, con risate e con allegro vociare, facevano
una gran confusione, la signora Carla le guardava con severità
nascondendo il sorriso, ed erano confessioni, racconti, ammonimenti,
garbate prese in giro.
Spesso raccontava aneddoti della sua vita passata, quando era
sposata ad un capitano di lungo corso e giravano di città in città. O
quando avevano perso la loro unica figlia e poi era rimasta vedova e
aveva deciso di dare ripetizioni di Matematica per arrotondare la
pensione e tenersi occupata.
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