Page 88 - Corti di carta
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Sempre così Dino: premuroso, attento. Gli rispondo a monosil-
labi, non mi sbilancio, rimando la discussione, poi riattacco, dopo
avere saputo i suoi programmi per la serata.
Quando eravamo bambini sfrenati ed avidi di corse e di giochi,
quella terra ci si attaccava ai piedi e la sera dovevamo eliminarla per
non sporcare le lenzuola.
Maria ci preparava pentoloni di acqua fumante, riempiva le
bacinelle bianche, di ferro smaltato. C’immergevamo i piedi, stupiti
per quell’acqua che in un momento diventava nera nera.
Vediamo, chi dovevamo essere a quel tempo: Pucci, Marina,
Maria Carmela, Stefano, Lino…
Ho camminato per un lungo tratto: non mi sono quasi accorta di
essere arrivata alla casetta dei castagni.
Cinque castagni secolari dal fusto altissimo (così almeno mi
sembrava da bambina) disposti a cerchio per un capriccio della
natura o per la mano provvida di un uomo, non so…
«Ecco signora, prego, si accomodi. Qui c’è la stanza da pranzo, là
la cucina, in fondo la camera da letto».
Le voci infantili mi tornano alla mente, girano intorno, nell’aria
tersa e tiepida.
Il muretto a secco, fatto con le pietre nere messe una sull’altra,
quello non c’è più. L’avevano buttato giù i maschi per farci dispetto
e un pianto disperato si era sentito fin nella casa vicina.
Mi accovaccio su un tronco mozzo, rinsecchito e cavo. Una
lucertolina guizza rapidamente, sparisce sotto un mucchio erboso.
Aguzzo lo sguardo. Lì, in un angolino muscoso e nascosto ci sono
alcuni ciclamini che fanno capolino, miracolosamente scampati ai
primi calori.
Li raccolgo, ne faccio un mazzetto sparuto, ci avvolgo intorno
delle foglie di castagno verdi.
Sì, lo so. Manlio mi prenderà in giro, probabilmente butterà
questo tenero mazzolino, se se ne accorgerà.
«Magda, dove ti sei cacciata? Eccoti, finalmente».
Chissà da quanto tempo mi chiama. Lui è un tipo che vuole essere
servito subito, che si spazientisce facilmente.
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