Page 94 - Corti di carta
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pensare accendendo la luce.
               Aprì   il   foglio.   La   scrittura   gli   sembrò   femminile,   rotonda   e
            graffiante insieme.
               Ettore non se ne stupì troppo: era abituato a ricevere messaggi di
            questo genere da corsisti, studenti in cerca di alloggio o di libri.
               «Se sei interessato ad una serata  diversa  vieni domani sera da
            Pagnozzi, alle 20.00. Do-diesis».
               “Do-diesis, do-diesis. Che diavolo voleva dire quella ridicola
            firma?”   Pagnozzi,   invece,   lo   conosceva   bene.   Era   docente   di
            Armonia e aveva aperto da non molto un locale un po’ discosto dal
            Rialto, aperto soprattutto agli studenti, ma non solo. Si poteva bere o
            mangiare qualcosa, ascoltare musica, fare quattro chiacchiere con gli
            amici.
               Per il momento era troppo stanco per fare progetti per l’indomani:
            preferì stendersi sul divano e ascoltare il CD che c’era ancora sopra:
            Sinfonia n.4 d-Moll op.120 di Schumann.
               Era una sua mania quella di imparare minutamente a memoria
            tutti i brani che gli interessavano, passaggio per passaggio, nota
            quasi per nota, con il numero e la titolazione esatta.
               S’avvolse nel plaid e si lasciò trasportare dalla musica, fino ad
            addormentarsi.

               Il bar del Conservatorio era quasi del tutto pieno quella mattina.
            Fuori pioveva ed i corsisti s’erano riversati dentro, alla ricerca di un
            buon cappuccino che conciliasse la voglia d’iniziare la giornata.
            Ettore s’era trovato un tavolino libero che aveva riempito con tutte le
            sue carte da cui non staccava gli occhi mentre addentava il suo
            cornetto.
               Lo scoprirono, lo chiamarono ridendo, prendendolo in giro per il
            suo inattaccabile impegno.
               «Non vorrai mica morire sugli spartiti».
               «Alza gli occhi, almeno».
               «Guarda che rischi d’ingoiare qualche nota».
               E così, con frasi di questo tenore. Ettore sorrise apertamente e si
            sciolse in una risata piena e liberatoria quando s’accorse che Saverio,
            per gioco, gli stava sfilando un foglio, passandolo da sotto il tavolino
            per darlo a Carlo.




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