Page 95 - La via d'uscita
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“Io vengo qui da un altro mondo, assai lontano per espe-
               rienza, usi e tradizioni dal nostro. Ero ben più giovane quan-
               do sono stato attratto dalle predicazioni ispirate al fonda-
               tore del nostro Ordine, sant’Ignazio di Loyola. Sperduto e
               contristato dagli avvenimenti che avevano colpito la mia
               famiglia, sentivo di essere alla ricerca di un punto fermo,
               di uno scopo che desse significato alla mia vita turbata e
               disorientata. Padre Francesco di Sales ha avuto il compi-
               to di guidare il mio percorso spirituale indirizzandolo verso
               una parte di apostolato attivo, partecipativo. Sapevo che
               nel Nuovo Mondo stava cominciando la penetrazione dei
               nostri confratelli per evangelizzare quelle popolazioni così
               lontane - e non per loro colpa - dal messaggio evangelico.
               Non mi è stato difficile, dopo la pronuncia dei voti, rag-
               giungere quelle terre lontane, animato sì, questo è vero,
               dal desiderio di conoscere e di sperimentare, ma sorretto
               dal vivo desiderio di diffondere la parola di Cristo.
                 Sono approdato dunque a San Salvador de Bahia, nel
               Brasile, allora colonia portoghese. Lì mi sono fermato
               qualche anno imparando ad esercitare il difficile compito
               della conversione. Avevamo fondato, con i miei confratelli,
               le cosiddette riduzioni (reducciones des indios), tutte con
               identico schema urbanistico, dove trovavano posto chie-
               sa, monastero, scuole, ospedali, ricoveri, magazzini e la-
               boratori, oltre alle abitazioni, dove si parlava e si studiava
               la loro lingua, arrivando a coinvolgere moltissimi indigeni.
               Non esisteva la proprietà privata, ognuno doveva dare e ri-
               cevere secondo le capacità ed esigenze e nessuno – povero,
               ammalato, orfano o vedova – veniva lasciato solo. Non na-
               scondo che tentavamo di realizzare una società utopistica,
               ma pragmatica, di giustizia e di uguaglianza, un mondo di
               fede pulita e genuina in antitesi alla corrotta e simoniaca
               chiesa europea.
                 Sì, perché il mio spirito inquieto mi portava a condanna-
               re gli eccessi, le ipocrisie e le storture che purtroppo non


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